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9) articoli e saggi
ARTICOLI E SAGGI
In questa sezione riportiamo integralmente gli articoli più esemplificativi e significativi della ricerca A.I.R.D.A./Studio Gastaldo-Ottobre.
Tutti gli articoli sono protetti da copyright; è fatto assoluto divieto copiarli, riprodurli anche solo parzialmente senza il consenso dell'autore e dell'editore.
Per eventuali permessi e/o informazioni scrivere a [email protected]
Vedi articoli nelle sottocartelle
9.1) La Psicoterapia Autogena; attuale sistema psicoterapeutico (approfondimento 9.1)
9.2) Sondaggio sull’efficacia delle psicoterapie – Sondaggio F.A.I.P. e Consumer Reports a confronto. (Approfondimento 9.2)
9.3) Iter di Psicoterapia Autogena in quattro stadi: Versione in lingua italiana ( approfondimento 9.3 ).
9.4) ATOGENIC PSYCHOTHERAPY PASSAGE ORGANISED IN FOUR STEPS. ( approfondimento 9.4 )
9.5) La Psicoterapia Autogena in quattro stadi: analisi statistica su duemila casi (approfondimenti 9.5)
9.6) Analisi statistica delle variazioni al test di Lüscher in sogg. che hanno effettuato iter di Psicoterapia Autogena (approfondimento 9.6).
9.7) Un caso clinico; incredibile ma vero (approfondimenti 9.7)
9.8) Siamo veramente quasi tutti destrimani? Involontariamente si può contrariare un bambino (approfondimenti 9.8)
9.9) Il dio denaro.; nella riindividuazione la ‘sapienza biologica’ antidoto al ‘vitello d’oro’ (approfondimenti 9.9)
9.10) Il T.A. e L’iter Autogeno Gastaldo/Ottobre; cenni statistici. (approfondimenti 9.10)
9.11) Autogenic Psychotherapy and the Autogenic Psychotherapy Passage by Gastaldo/Ottobre - Statistical Notes. (approfondimenti 9.11)
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9.1) La Psicoterapia Autogena; attuale sistema psicoterapeutico (approfondimento 9.1)
9.2) Sondaggio sull’efficacia delle psicoterapie – Sondaggio F.A.I.P. e Consumer Reports a confronto. (Approfondimento 9.2)
9.3) Iter di Psicoterapia Autogena in quattro stadi: Versione in lingua italiana ( approfondimento 9.3 ).
9.4) ATOGENIC PSYCHOTHERAPY PASSAGE ORGANISED IN FOUR STEPS. ( approfondimento 9.4 )
9.5) La Psicoterapia Autogena in quattro stadi: analisi statistica su duemila casi (approfondimenti 9.5)
9.6) Analisi statistica delle variazioni al test di Lüscher in sogg. che hanno effettuato iter di Psicoterapia Autogena (approfondimento 9.6).
9.7) Un caso clinico; incredibile ma vero (approfondimenti 9.7)
9.8) Siamo veramente quasi tutti destrimani? Involontariamente si può contrariare un bambino (approfondimenti 9.8)
9.9) Il dio denaro.; nella riindividuazione la ‘sapienza biologica’ antidoto al ‘vitello d’oro’ (approfondimenti 9.9)
9.10) Il T.A. e L’iter Autogeno Gastaldo/Ottobre; cenni statistici. (approfondimenti 9.10)
9.11) Autogenic Psychotherapy and the Autogenic Psychotherapy Passage by Gastaldo/Ottobre - Statistical Notes. (approfondimenti 9.11)
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Gastaldo G., Ottobre M., Grassi C., Ciccotosto A.
Miti, Dante, Freud … e Schultz con il Training Autogeno
L’umanità tende a sanare il proprio “difetto originale”
1) Premessa
In questo infinitesimo e trascurabile ‘granellino di sabbia’ che vaga nella nostra galassia, il sedicente ‘Sapiens Sapiens’, autoproclamatosi “re del creato”, molto spesso fa di tutto per rovinarsi la vita, per rovinare quella altrui e per distruggere il pianeta, che lo ospita, con infiniti conflitti; ciò riguarda ogni uomo, in ogni occasione, in ogni ambito di appartenenza, in ogni luogo della terra e in ogni epoca.
Colpevole o vittima?
Possiamo ipotizzare che ci sia un grave handicap all’origine della vita infelice, che gli uomini troppo spesso si infliggono o infliggono ad altri, pur nel patetico tentativo di perseguire la felicità propria e altrui. (vedi epilogo del libro della collana Airda ed. Armando: Gastaldo G. Ottobre M.: “Una strada per il centro del cervello”).
Le leggi del nostro universo hanno generato l’uomo, organismo in evoluzione, il cui stadio evolutivo attuale, non definitivo, può contenere immaturità, le quali possono portarlo anche all’autodistruzione.
L’evoluzione dei mammiferi, fino all’Australopiteco (a cui appartiene la nostra progenitrice Lucy), si è realizzata in un centinaio di milioni di anni, e il cervello, in tale evoluzione, è arrivato ad un volume di circa 450/550 cc.
Dall’Australopiteco siamo giunti, in soli tre milioni e mezzo di anni, ai 1250 cc dell’uomo attuale e, tale aumento, è dovuto quasi esclusivamente allo sviluppo del neocortex (porzione - 90% - di corteccia cerebrale con sviluppo filogenetico più recente). Una maratona incredibile!
Purtroppo, il vero progresso non è solo questione di volume, ma di integrazione fra le parti.
Come non pensare che tale nuova struttura abbia avuto difficoltà nell’integrarsi perfettamente con le strutture preesistenti?
Il rimpicciolimento della mandibola non è andato di pari passo con una diminuzione di volume o di numero dei denti, portando al noto inconveniente di un dente che non trova posto! In una rapida evoluzione, possono essersi create strutture che a volte rappresentano vantaggi, ma altre volte svantaggi o addirittura pericoli per la salute.
Anche pensando al solo aumento del diametro del cranio, passando dall’Australopiteco all’uomo attuale, possiamo comprendere la difficoltà del nascituro di passare per il canale del parto. Nell’evoluzione, affinché il feto, con il volume del cranio così tanto aumentato, potesse passare attraverso tale canale, si sarebbe potuto strutturare un allargamento del bacino femminile; ciò in parte è avvenuto. Tuttavia un allargamento adeguato del bacino, quindi ancora maggiore, avrebbe comportato un troppo grande distanziamento delle teste dei femori, con la conseguente difficoltà alla deambulazione.
Sembra probabile invece (secondo un’ipotesi abbastanza condivisa) che la scelta evolutiva sia caduta nel determinare una nascita prematura a nove mesi, anziché a 12 o oltre. Così il cranio del nascituro, a tale stadio di vita intrauterina, ha una circonferenza ancora compatibile con una nascita senza problemi.
Questa immaturità comporta che i circuiti neuronali, alla nascita, non abbiano ancora raggiunto un sufficiente grado di maturità e quindi di stabilità, e pertanto siano estremamente predisposti a subire modellamenti dati dalla pressione delle esperienze nel mondo esterno.
I circuiti neuronali che supportano la paura, la rabbia, il lutto, la gioia, il disgusto, il senso di responsabilità, ecc., sono sottoposti all’azione plasmante di paure anche soltanto percepite, perdite importanti, danneggiamenti magari ripetuti. Alle volte tali eventi non sono proporzionati alle capacità di sopportazione del neonato. Pertanto i circuiti neuronali, che sottendono gli stati emotivi basilari e le reazioni istintive, possono deformarsi e, nel prosieguo del tempo, dare risposte alle evenienze della vita non congrue, sproporzionate o completamente errate, fino a produrre danno a sé ed agli altri. Tali stati emotivi possono essere più che mai ingestibili.
Tuttavia questa immaturità del cervello del neonato, e pertanto questa facilità ad essere plasmato dalle esperienze, comporta anche un vantaggio, che è caratteristico dell’essere umano, cioè la capacità di adattarsi ad ogni ambiente, sia fisico che psichico.
Un recente studio mette in risalto il fatto che i bambini, di qualsiasi etnia o di luogo geografico, nascano con le stesse potenzialità e caratteristiche di base (vedi studio INTERGROWTH – 21ST), ma poi l’opera plasmante dell’ambiente porta ad una tale differenziazione del modo di porsi nella vita, da rendere estremamente difficile la comprensione di comportamenti, stili di vita, mentalità tra individui di paesi diversi.
Possiamo quindi ipotizzare che, a causa di questo rapidissimo ed enorme sviluppo del neocortex, sia stato impossibile per le strutture del cervello delle specie precedenti, implicate nelle memorie antiche e nelle emozioni, integrarsi e armonizzarsi con le nuove strutture e soprattutto con la corteccia prefrontale. Quest’ultima è quella parte del neocortex che assolve anche al compito di modulare, nella consapevolezza, le nostre spinte emotive e le dinamiche inconsce.
Probabilmente il Sapiens sarebbe veramente tale, e non solo “sedicente”, se ci fosse una buona integrazione fra strutture sottocorticali e neocortex prefrontale.
2) Il “difetto originale”
Tale insufficiente integrazione comporta il sentirsi (a volte anche consciamente, ma più spesso in modo inconscio) in balia di un quid potente che ci travolge. Ciò può essere la causa di profonda insicurezza in tutti e in modo più marcato in alcuni; quindi costituire quello sfondo di paura che per molti si esaspera in compensi incongruenti.
Tale paura diventa matrice di tutte le strategie inconsce messe in atto per compensarla; avidità, invidia, gelosia, egoismo, bisogno di dominare e di controllare gli avvenimenti, gli altri e la vita stessa; la ricerca di un’impossibile immortalità ne è conseguenza. Ci troviamo ad assistere a distruttività, estremismi e guerre sia nel micromondo dei rapporti interindividuali, sia nel più ampio ambito dei conflitti sociali.
Sembra pertanto che l’eventuale “peccato originale” sia preceduto da un “DIFETTO ORIGINALE”, difetto dovuto ad uno scatto evolutivo troppo rapido.
Probabilmente, sia la parte più profonda del cervello sia il neocortex sono orientati verso il favorire e il potenziare la vita in tutte le sue espressioni. Quello che fa difetto potrebbe essere un’incompleta armonia fra le varie parti.
3) Miti, leggende, favole
Gli uomini, avendo comunque un cervello portentoso, hanno sempre cercato, in tanti modi diversi e soprattutto inconsapevoli, di rimediare a questa immaturità, a questa inadeguatezza di integrazione fra strutture cerebrali.
Questa ricerca si manifesta ad esempio attraverso la continua costruzione, elaborazione, e trasmissione di miti, leggende e fiabe. In queste produzioni dello spirito umano, sia nella costruzione che nel rimodellamento e trasmissione, c’è la coesistenza fra lo stato cosciente e l’inconscio, l’immaginario e la razionalità. Grazie a tutto questo accadono continue esperienze di collegamento tra neocortex prefrontale e strutture cerebrali più arcaiche.
Queste esperienze di funzionalità di strutture diverse collegate fra loro, stante la plasticità del cervello, portano a costruire sinapsi, - come ci dice la neurobiologia -, quindi connessioni e integrazioni fra strutture cerebrali di stadi evolutivi diversi: fra il così detto cervello del rettile quello del mammifero e quella parte tipica dell’uomo che è il neocortex, con la sua importante parte che è la corteccia prefrontale.
4) L’arte
Anche nell’arte, in ogni processo creativo artistico, avviene questa integrazione. Essa si realizza, partendo dall’integrazione parziale, attraverso il costante e ripetuto impegno di realizzarne una migliore. Con continue esperienze, come fanno gli artisti, si maturano e si consolidano le sinapsi che collegano strutture (neocortex, strutture sottocorticali, emisfero destro ed emisfero sinistro).
Pertanto l’arte è anche un mezzo, un mezzo importante, forse il primo, attraverso il quale l’essere umano ha inconsciamente cercato di sanare il proprio “difetto originale”.
Artisti neolitici, Omero, Fidia, Tragediografi greci, Dante, Michelangelo, Leonardo, Shakespeare, Bosch - per nominare solo alcuni - in ogni epoca hanno attinto a piene mani , in piena coscienza, ai loro archetipi, ai loro simboli, al loro materiale onirico; hanno dato carta bianca al loro immaginario; hanno lasciato emergere in piena coscienza, e hanno espresso come regalo all’umanità, il loro personale inferno, purgatorio e paradiso, la loro strada di evoluzione, nella integrazione delle loro strutture cerebrali.
Nel presente anno 2021 ricorre il settecentesimo anno dalla morte di Dante, che è stato fra i più completi ed espliciti nel delineare il proprio viaggio di sviluppo e integrazione.
Questo nostro lavoro fa esplicitamente riferimento a lui.
Ci sono studi importanti sull’opera di Dante per quanto riguarda il suo cammino, e a loro rimandiamo; ne citiamo quattro, particolarmente significativi, in ordine di prima pubblicazione in lingua italiana.
Adriana Mazzarella. (2017; prima edizione 1991): Alla ricerca di Beatrice - Dante e Jung Edra, Milano. Pag.14: «riscoprire quei valori e ripercorrere con lui quel viaggio all’interno dell’uomo che porta alla conoscenza di come siamo fatti, onde arrivare a una trasformazione.
Ognuno deve passare attraverso l’esperienza del proprio «inferno» se vuole cambiare qualcosa nell’atteggiamento verso la vita».
Pag. 23: «Nell’inferno veniamo a contatto con la persona, con l’ombra, con i vari aspetti dell’animus e dell’anima; nel purgatorio prendiamo coscienza della sintesi unificante degli opposti e, nel paradiso, delle istanze spirituali che portano all’unione finale col Principio (cioè Dio), proprio come nello Yoga orientale»
Richard Schaub & Bonney, Gulino Schaub (2004 ed italiana): Il Metodo Dante – per superare ansia, frustrazione e paure e ritrovare la “diritta via”, Ed. Piemme, Casale Monferrato (AL). “L’inferno di Dante rappresenta il catalogo dei nostri disagi e delle nostre paure, il purgatorio la strada per liberarsene, il paradiso il passaggio a una vita pienamente realizzata e densa di significato. Il più grande poema di tutti i tempi può diventare una risposta utile e pratica alle nostre esigenze più profonde”.
Giorgia Sitta (maggio2018): Tutti all’Inferno – l’alchimia nella Divina Commedia: il viaggio dell’uomo verso Sé, Ed. Le Duetorri. “Tutti all’Inferno è un augurio che ogni lettore possa trovare nel proprio inconscio i suoi Talenti, la strada verso il Sé, in un incontro con la propria anima che lo porti a vivere con gioia e gratitudine ogni giorno della sua vita. E’ questo un atto di coraggio che serve ad uscire dalla meccanicità del vivere quotidiano nella quale siamo immersi …”
Claudio Widmann (Gennaio 2021): La divina Commedia come percorso di vita. Volume I: l’Inferno, l’abisso dell’inconscio. Volume II, il Purgatorio: il regno dell’io, Volume III: il Paradiso, la sfera del Sé, Edizioni Magi “Sette giorni, lunghi come quelli della creazione; tre mondi, distanti come il cielo dalla terra; un uomo, solo come ogni uomo dinanzi al proprio destino. Il viaggio di Dante tocca il fondo delle bassezze umane e i vertici di certe esperienze sublimi, passando per il tormento della libertà e della responsabilità. È un viaggio di evoluzione e di trasmutazione, è un itinerario di elevazione. È il percorso di vita di ogni uomo in cammino.”
5) La scienza
A Sigmund Freud l’umanità è debitrice per una delle più utili invenzioni che permette il miglioramento dell’essere umano. Si tratta delle associazioni libere; libere da un vincolo razionale. Nasce il lavoro psicologico su di sé moderno.
In piena coscienza, ad una parola si associa ciò che improvvisamente viene in mente o l’emozione che emerge, senza preoccuparsi che ci sia una spiegazione razionale.
Nelle associazioni libere la persona, in pieno stato di coscienza, lascia emergere contenuti inconsci e, nelle sedute di analisi, si allena ad usufruire e potenziare, sempre più facilmente e frequentemente questa capacità. È una continua creazione di sinapsi fra neocortex e strutture sottocorticali.
Freud ha reso fruibile a tutti, attraverso una tecnica, il mettere in atto una capacità naturale – contemporaneità coscienza/inconscio - che tuttavia solo alcuni hanno a portata di mano spontaneamente – esempio fondamentale Dante nella divina Commedia.
Dopo Sigmund Freud, Carl Gustav Jung in particolare, Robert Desoille, e altri, hanno reso possibile l’affinamento di questa capacità, con altre particolari modalità.
A I. H. Schultz il merito di aver inventato un allenamento, strutturato, che la persona esegue quotidianamente in piena autonomia. (vedi libri della collana Airda ed. Armando). Schultz basa il suo metodo sull’allenamento; l’importanza di questo si riscopre oggi con le acquisizioni della neurobiologia che dimostra l’importanza della ripetitività di esperienze nella costruzione e potatura di sinapsi e quindi nel modellamento e rimodellamento dei circuiti neuronali del cervello.
Nel T.A. Basale, quando non mistificato a mero mezzo di rilassamento, ci si allena all’ascolto della propria realtà organismica completa; ci si allena a lasciare che accada, all’accettare ciò che emerge spontaneamente senza paura e senza dare giudizi; ci si allena quindi a lasciare emergere, in piena coscienza, ciò che è contenuto nella parte più profonda del cervello/psiche.
(vedi pp.19 e seguenti in Gastaldo G Ottobre M. (1994 – 2008): Psicoterapia Autogena in quattro stadi – l’appuntamento con se stessi, Ed Armando, Collana Airda, Roma.
In questo allenamento si formano e consolidano strutture neuronali di integrazione fra strutture corticali e sottocorticali del cervello. Si realizza un processo analogo a quanto avviene in una prassi di produzione artistica, e nell’opera collettiva di costruire e tramandare miti, leggende e favole.
Così allenate le persone, nelle sedute di diversi tipi di Training Autogeno Avanzato, lasciano emergere spontaneamente, in piena coscienza, sequenze di associazioni libere, di simboli espressi e integrati con elementi coscienti. Soprattutto lasciano emergere, in piena coscienza, vissuti di un contesto immaginativo inconscio,. Tali vissuti sono il frutto dell’elaborazione che il cervello ha fatto di tutte le esperienze, dalla vita intrauterina in poi. Si creano continuamente collegamenti sinaptici. (vedi in particolare il libro: Gastaldo G. Ottobre M. (2019): Una strada per il centro del cervello – un seno con le spine, Ed Armando, collana A.I.R.D.A., Roma).
6) Un contributo dello Studio Gastaldo/Ottobre, Airda
Nel 1987 è stato pubblicato un libro (che ora verrà ripubblicato in e book Ed. Armando, collana Airda) Gastaldo G., Ottobre M.: Nel Labirinto con il filo d’Arianna - lo strutturarsi delle vie dell’energia nell’età evolutiva, Ed Piovan, Abano Terme (PD).
Senza che ce ne fosse l’intenzione, è stato seguito lo schema: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Ciò è comprensibile in quanto questa è la sequenza naturale a cui ogni essere umano spontaneamente aderisce, quando non fa opposizione alle leggi della vita inscritte in lui, nel suo DNA.
Nel libro, attingendo all’archivio Gastaldo/Ottobre, in cui sono depositati migliaia di vissuti in stato autogeno, sono stati raccolti centocinquantacinque vissuti di quarantadue soggetti.
In tali vissuti si esprimevano importanti esperienze avverse, dei primi anni di vita, che avevano bloccato la normale evoluzione verso una vita piena.
Questi blocchi avevano incatenato le persone in un ‘Inferno’. Man mano, nello svolgimento dei vissuti in piena coscienza i blocchi venivano superati. Ciò durante sedute di Training Autogeno Avanzato, sedute che sono state chiamate: “T.I.A.A.” cioè Terapia Immaginativa Analitica Autogena.
Le persone, dopo aver passato il loro ‘inferno’ in molte sedute, sfociavano nelle T.I.A.A. che abbiamo chiamato della ‘ripresa’ e della’ rinascita’ nelle quali si esprime il loro ‘purgatorio’ e il loro ‘paradiso terreno’.
Il parallelismo che, nei paragrafi successivi, faremo fra alcuni versi della Divina Commedia e alcune frasi delle T.I.A.A. vuole solo significare che, come Dante, anche ciascun soggetto passa attraverso analoghi stadi evolutivi. Tuttavia il viaggio di ogni uomo è personale e nessun passaggio può essere sovrapponibile a quello di altri; la somiglianza si può trovare nell’ambito di simbologie archetipe.
Ecco alcune piccole parti di vissuti riportati nel libro.
Come esempio di ‘inferno’ il frammento di seduta di una giovane universitaria
T.I.A.A. N° 19
“vedo me con codine, vestita con grembiulino azzurro… sono impiccata e penzolo … mi vedo poi in una bara … sdoppiata; una nella bara e una che corre nella stanza incurante dei topi …mi stendo dov’era la bara e fingo di essere morta … vedo mio padre che fa all’amore con me
Come esempio di ‘purgatorio’ riportiamo un frammento di T.I.A.A. della ripresa (N° 25), che parla della individuazione; la giovane donna ‘conquista’ la sua voce interna, il modo originale di esprimere se stessa.
T.I.A.A. N° 25 sogg. Femminile
“… E scopro che anche il mare ha una sua voce, un suo rumore. E così cerco di rispondere con la mia voce … prendo un po’ di terra in mano, e sento che anche questa fa dei rumori … L’acqua … Sono tutte voci e non meccanismi: sono voci interne, come la mia, ora… E anche la mia voce ha mille possibilità di suoni, di combinazioni ... È come qualcosa prima del linguaggio, è una facoltà, un suono… Allora prendo una barca e vado sopra il mare … e vedo che ci sono nuove terre … e tutto un mondo popolato di voci, da suoni, che è come un mondo per essere vivi … E tutto … vive, tutto ha una sua parte in un grandissimo concerto…”.
Come esempio di rinascita e armonia raggiunta, il ‘paradiso’ citiamo il frammento di
T.I.A.A. N° 27. Sogg. Femminile.
“Continuo a divertirmi molto serenamente ….. la serenità è molto adulta …. equilibrata, è chiara, è bianca, è come il sole, luminosa, come l’aria …. Mi immagino con questo alone di bianco, giallo, azzurro in tutto il mio corpo …. Cerco di non perderlo …me lo penso sempre addosso… continuo a vedermi così in giro per la strada con un viso molto sereno e sorridente.
Questa luminosità/serenità si trova nel paradiso dantesco dove c’è il binomio luce/beatitudine; luce che va dal bianco come “perla in bianca fronte”, alla luce dorata del cielo di Saturno a quella azzurra del cielo di Giove fino al bianco splendente incandescente dell’Empireo.
E ora un sogg. maschile:
T.A.A.A. Training Autogeno Avanzato Analitico N° 14
“Ora la sfinge diventa mia madre, mi tiene in braccio, mi guarda dolcemente, siamo tutti e due racchiusi in un sacco amniotico trasparente, galleggiamo nello spazio verso un infinito di stelle”
Egli ricorda e commenta, tutti i vissuti in cui rievoca, in modo simbolico, le terrificanti lotte con la figura materna.
“il nostro è stato un atto doloroso e faticoso, portato avanti in collaborazione; tutti e due abbiamo sofferto per creare una nuova vita, è una sensazione nuova, diversa, matura”.
7) Gli eroi
Certamente la Divina Commedia di Dante è un altro mondo rispetto ai nostri T.I.A.A.
Il Sommo poeta possiede una immensa capacità naturale immaginativa (capacità immaginativa che nelle T.I.A.A. è frutto di un preciso allenamento) che, già di per sé, è in grado di creare sinapsi fra strutture cerebrali in partenza non perfettamente integrate.
Ma Egli coniuga quest’ultima con un’altra immensa capacità cioè quella artistica. Quest’ultima è anch’essa in gran parte dote naturale, ma è anche frutto di enorme lavoro di ricerca della perfezione.
Dante crea un’opera inimitabile: La Divina Commedia, facendo un lavoro di crescita personale che regala poi all’umanità, per incoraggiare tutti noi a tendere a meritarci, almeno un poco, l’appellativo di ‘sapiens’.
Dante è il sommo ‘Eroe’, ma …
Tornando dalle sfere celesti, dove risiede Dante e il suo paradiso, alla nostra realtà terrena aggiungiamo qualche vissuto (nelle T.I.A.A.), nell’intento di descrivere qualche tentativo dei nostri eroi per giungere, anche se non in ‘paradiso’, almeno a rivedere le stelle.
Nell’epilogo del libro [Gastaldo G. Ottobre M. (2008): Il Training Autogeno in diretta -si aprono nuovi orizzonti, pagg. 144/148. Ed. Armando, Collana Airda, Roma] sono stati chiamati ‘eroi’ i pazienti che fanno un lavoro profondo su se stessi. Ciò perché i mitici eroi sono quelli che ci vengono descritti come figli di un dio e di un mortale (e pertanto rappresentano ciascuno di noi, sono cioè un organismo con due facciate una psichica ritenuta figlia del cielo e una corporea ritenuta figlia della terra), ma, gli eroi, per essere consacrati tali - tutti indistintamente quelli della mitologia greco romana e non solo e anche Dante -, vanno a ‘visitare’, a ‘impossessarsi’ del mondo degli inferi.
Per l’umanità l’eroe, per essere considerato tale, deve possedere interamente se stesso, compresa quindi la parte sotterranea, inconscia.
Vi presentiamo ora una eroina che tuttavia è rimasta intrappolata nel proprio ‘inferno’. (evenienza, questa, successa anche all’eroina sumerica Inanna, la dea regina del cielo e della terra, quando era andata a conquistare la sua parte sotterranea).
Tale nostra eroina potrebbe essere collocata fra gli ignavi.
Alla parola ‘ignavi’ di solito si dà un significato che è frutto di una mentalità giudicante; dai vocabolari – uno a caso - Devoto Olli: imperdonabilmente indolente o vile di fronte alle umane responsabilità.
Tuttavia, dal punto di vista psicopatologico, ci accorgiamo che quasi sempre si tratta di persone che possiamo definire: “borderline”. Termine questo che, inteso nell’accezione più recente, sta ad indicare persone che si mantengono ai bordi della vita e cioè non entrano in essa in quanto terrorizzati dai rischi del vivere, tra i quali primo di tutti il morire.
Nella nostra esperienza sono persone che agli albori della vita, nei periodi in cui enorme è la plasticità del cervello, in quanto è in piena formazione, hanno ricevuto, o hanno creduto di ricevere, gravissime minacce di vita – anche ad es. assenza di una figura materna stabile. Così, nel loro cervello, si sono improntati circuiti neuronali che costituiscono basi operative di automatiche e irrefrenabili reazioni di evitamento (di entrare nella vita).
Tornando alla nostra eroina, è successo quanto segue:
Dopo aver fatto il corso Base del T.A., e una quarantina di T.I.A.A., è arrivata ad un vissuto che per molte persone, anche con la sua stessa patologia, rappresenta l’inizio di una svolta decisiva.
Si tratta di uno degli otto meccanismi di armonizzazione più frequenti e più efficaci, che accadono nel Training Avanzato [vedi il libro precedentemente citato alle pagg 188/197: Gastaldo. G. Ottobre M. (2019).
Stiamo parlando della chiusura di una Gestalt, che lei non ha potuto (e non: “non ha voluto”) effettuare.
Si parla di “Gestalt chiusa” quando un bisogno fondamentale viene soddisfatto; Gestalt significa: forma completa. La Gestalt rimane invece aperta quando tale bisogno, in una finestra temporale particolare, non viene soddisfatto adeguatamente per cui, per tutta la vita, la persona cerca invano di soddisfarlo.
In archivio Gastaldo/Ottobre ci sono molti esempi in cui si ha una svolta decisiva quando in una T.I.A.A. il se stesso adulto dà al se stesso bambino ciò che gli era mancato. Avviene nell’immaginario la “chiusura della Gestalt” ovvero la completezza.
In questo caso la paziente, da neonata, aveva avuto esperienze vissute come angoscianti e terrificanti, tanto è vero che le avevano detto che nel suo primo anno di vita aveva continui pianti di disperazione.
(Non abbiamo la possibilità di riportare il vissuto, ma lo raccontiamo):
Nell’immaginario: lei, adulta, vede sé neonata disperata e nessun adulto presente va a prenderla e cullarla o va a vedere perché è angosciata. Non le viene assolutamente spontaneo, come di solito avviene per altri pazienti, di prendersi cura di quella bambina. La guarda disperata e, dopo aver deprecato che nessuno se ne prende cura, rinuncia a prenderla in braccio e se ne va sconsolata.
È colpevole di ignavia o è vittima di un circuito neuronale killer?
Se diamo per scontato il “libero arbitrio” dobbiamo tuttavia chiederci quanto di questo c’è in ciascuno di noi. Ai limiti: 1 o 99%.?
Dante: Inferno Canto III:
“Vidi e conobbi l’ombra di colui
Che fece per viltà il gran rifiuto”
……………
“Questi sciaurati che mai non fur vivi
Erano ignudi, stimolati molto
Da mosconi e da vespe ch’eran ivi”.
Dopo qualche tempo la paziente ha smesso di proseguire il lavoro psicologico. Rimase prigioniera nel suo ‘inferno’; tuttavia nella vita sempre tutto può accadere.
In ogni uomo possiamo trovare momenti di ignavia e, la consapevolezza di questo, dovrebbe essere vissuto come un frammento di inferno nella vita terrena e diventare moscone e vespa che ci pungola a superare questo momento di debolezza.
Un altro eroe era venuto, negli ultimi anni ottanta, all’età di 28 anni, per fare un percorso psicologico perché vittima delle proprie esplosioni di rabbia, che mettevano a rischio le relazioni familiari e la corretta educazione dei propri figli.
Dalle T.I.A.A. emerge nitido che esperienze di danneggiamento hanno reso ingestibile il circuito neuronale che sottende l’emozione rabbia; emozione forza vitale, inscritta nel nostro DNA, per stoppare i danneggiamenti; forza positiva quando è congrua e proporzionata alla propria finalità e non degenera in violenza, distruttività, sopraffazione, vendetta.
C’era in lui un nucleo che ha coagulato attorno a sé vissuti di danneggiamento. Tale nucleo si è costruito nella vita prenatale e perinatale. Infatti il paziente è nato post maturo di più di dieci giorni; era molto cianotico, al limite della sopravvivenza, immerso in un liquido amniotico ormai ‘melmoso’ e con il cordone ombelicale attorcigliato al collo.
È da notare che l’asfissia è una delle esperienze di danneggiamento più sconvolgenti e terribili.
Attorno a questo nucleo si sono coagulate altre esperienze di danneggiamenti avvenute nella prima infanzia, formando nell’insieme un ‘pacchetto di esperienze’ capace di deformare il circuito neuronale che sottende a tale emozione, e quindi stravolgere le finalità vitali dell’emozione ‘rabbia’.
Tutto ciò il paziente l’ha ricostruito quando sono emersi i vissuti dei quali riportiamo frammenti; solo allora si è ricordato di ciò che gli avevano detto della propria nascita e dei suoi primi anni di vita.
Riportiamo una seduta completa, incredibilmente breve; fa parte della seconda serie, fatta dopo una decina di anni dalla prima e dal corso di T.A. Basale (la prima serie era di una trentina di T.I.A.A. ed era servita per incanalare l’energia della sua rabbia in atti vitali costruttivi).
In questa che riportiamo, sintetizza alcune tematiche esposte nelle precedenti sedute: soffocato sotto acqua (in molte altre T.I.A.A), nero dentro l’utero, paralizzato, cianotico, melma, fango, rabbia, esplosione, acqua purificatrice.
Nella seduta: vengono lasciate emergere sensazioni antiche, registrate nell’amigdala, e nell’emersione, sono elaborate dalla corteccia prefrontale.
Possiamo notare nel vissuto: l’‘inferno’ con tentativi di sanare: ‘purgatorio’.
T.I.A.A. N° 13
“Vedo me piccolo, sembra di essere dentro l’utero, sono tutto nero, arrabbiato, la bocca piena di qualcosa che non mi permette di respirare, sembrano delle feci, qualcosa di schifoso che poi sputo, sono quasi immobilizzato, paralizzato, tutto nero. Sembro quasi un neonato handicappato e ci sono io grande che con un tubo cerco di aspirargli tutta la schifezza che quello piccolo ha in bocca per provare a farlo respirare. Riesco a tirargli via tutto quello lui aveva in bocca (chiusura di Gestalt) e lui dopo si riprende e mi abbraccia e quello che gli ho aspirato va in un contenitore trasparente e c’è tanta rabbia. Questo contenitore si spacca e la rabbia esce, è come una melma e va sul pavimento, allora io cerco di lavarla con una gomma per l’acqua e cerco di portarla fuori dalla stanza, ma anche fuori da me, dal mio corpo. Poi mi sento scivolare giù nel profondo e tutta la rabbia della melma mi copre, mi sovrasta, fa uno strato enorme che mi soffoca e che da liquido diventa tutto duro. Riesco a tirarmi fuori, distruggendo la parte solida e poi uscire, mi sento arrabbiato con la rabbia. Sono tutto blu, violaceo e ho una corda tutto intorno (cordone ombelicale causa della cianosi) e poi, sempre con molta rabbia, la spezzo e riesco a tornare di un colore normale. Ho paura di questa rabbia però sono confortato dal fatto che l’Io grande prende in braccio quello piccolo (nuova chiusura di Ghestalt) e sono tutti e due rosa, non più neri, e se ne vanno abbracciati. Basta”.
Nella Divina Commedia gli iracondi sono condannati a gorgogliare sotto l’acqua, nel limo, ingozzando fango come si può vedere dai versi qui di seguito riportati.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l’anime di color cui vinse l’ira;
e anche vo’ che tu per certo credi
che sotto l’acqua ha gente che sospira,
e fanno pullular quest’acqua al summo,
come l’occhio ti dice, u’ che s’aggira.
Fitti nel limo, dicon: “tristi fummo
nell’aere dolce che dal sol s’allegra,
portando dentro accidioso fummo:
or ci attristiam nella belletta negra’.
Quest’inno si gorgoglian nella strozza,
che dir nol posson con parola integra».
Così girammo della lorda pozza
grand’arco tra la ripa secca e’ il mezzo,
con gli occhi volti a chi del fango ingozza.
È interessante notare che la condanna immaginata da Dante è molto assomigliante alla genesi dell’incapacità di gestire l’ira nel nostro paziente!
Comunque, qualsiasi sia la genesi dell’incapacità di gestire l’ira in modo costruttivo, con Dante possiamo dire che, quando soggiacciamo a questa, e questo può succedere a tutti, ci sentiamo e siamo soffocati, anche fisicamente – collo e volto congestionati quasi cianotici –, dalla melma che essa è. L’ira soffoca e consuma ogni nostra energia volta a costruire rapporti di amicizia e di amore.
La condizione ‘infernale’: “lo incendio” è messa in risalto dal frammento di T.I.A.A. successivo della stessa persona:
Divina Commedia, Inferno, canto XIV:
“Chi è quel grande che non par che curi
Lo’ ncendio sì che la pioggia non par che ’l maturi?”
……………
“O Capaneo, in ciò che non s’ammorza
La tua superbia, se’ tu più punito:
nullo martirio, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito”
T.I.A.A. N° 14
“Vedo delle fiamme, un fuoco alto che brucia dei bambini, quasi neonati; sono bambini che piovono dall’alto e che vengono bruciati dalle fiamme e sono tutti me stesso che però sembrano malformati, piuttosto che cattivi. Poi questi corpi carbonizzati sono io ad appenderli su un filo e li metto in mostra come in serie come se volessi eliminare il brutto che c’è in me. Vedo poi un’esplosione come una bomba che inghiotte anche me, mi fa in mille pezzi, è un’esplosione di rabbia”.
Eppure questo bagno di fuoco e il martirio ‘rabbia’ (è come ‘martirio’ che vive le proprie esplosioni) lo maturano! Il fuoco lo vive come distruzione di ciò che è male, e quindi come purificazione.
Infatti più avanti, nella stessa T.I.A.A., accade uno dei meccanismi di guarigione – “recupero di esperienze positive” che fa ritrovare fiducia e permette di operare per la propria salute -:
“Poi mi vedo sulla bambagia …. E’ tutto bianco, tutto morbido quasi il mio corpo scompare dentro questo cotone …. Faccio un buco nel cotone in modo che la rabbia possa respirare … quasi che calma e rabbia potessero in questo modo convivere”.
Siamo di fronte ad un tentativo di integrarsi con la propria ombra, di gestire in modo costruttivo l’energia insita nella rabbia (altro meccanismo di armonizzazione).
Il lavorio sull’integrazione e il raggiungimento dell’armonia solitamente avvengono nelle fasi più avanzate del lavoro psicologico con le T.I.A.A.. A volte integrazione ed armonia sono preannunciate durante il lavoro sull’‘inferno in noi’ e non sono così nettamente separate, e in ordine cronologico, in ‘purgatorio’ e ‘paradiso’. Questo d’altronde è nella vita.
Nelle T.I.A.A. il cammino è a spirale: ci sono tematiche ricorrenti lungo la spirale che si allarga verso l’alto. Negli anelli più in alto si ritorna sulle stesse tematiche precedenti che però vengono elaborate in modo più complesso e completo. Alle volte con una serie di T.I.A.A. la persona arriva ad una armonizzazione, ma poi può esserci il ritorno nell’‘inferno’; quindi viene ripercorso il cammino, verso l’alto, che comunque è ad un livello superiore.
Questa ripetitività è la base di un vero cambiamento in quanto solo così si strutturano sinapsi stabili che lo sottendono, come ci informa la neurobiologia. Non è una singola chiusura, ma una serie di chiusure di Gestalt o di recupero di esperienze positive, o altro meccanismo di armonizzazione, che determinano un vero nuovo status! [vedi: Gastaldo G. Ottobre M. (2007 a). L’archetipo del rito – le strutture psichiche con riferimento alla bionomia e al modello Gastaldo Ottobre (pp.135-151) in: Il rito. Widmann C. (a cura di), Ed. Magi, Roma].
Lasciamo ora il posto ad un’altra giovane eroina con i frammenti di tre sue T.I.A.A.:
Il suo punto di partenza è un vissuto di ‘corpo rifiutato, nemico, ‘inferno’. Tuttavia, come Dante, anch’essa è aiutata nel suo viaggio.
-Nella T.I.A.A. N° 25, è aiutata da una forza interna, che nasce dal proprio D.N.A. Forza che tende alle leggi della vita, quando ci mettiamo in collegamento con essa [vedi: Gastaldo G., Ottobre M. (2007 b): “L’archetipo degli archetipi; come opera nella Terapia Immaginativa Analitica Autogena”, Nuove prospettive in psicologia (pagg.13/20), anno XXII, n. 1. Maggio 2007 (fasc. n. 37)].
- Nella stessa T.I.A.A. la paziente è aiutata anche dall’Archetipo della madre.
Arriva così finalmente a lavorare sull’integrazione tra corpo e psiche (T.I.A.A. N° 29) e quindi all’armonia (T.I.A.A. N° 30).
Come in Dante: il corpo ‘terreno’ nell’‘Inferno’ va verso la riunificazione nel ‘Purgatorio’ per raggiungere l’armonia nel ‘Paradiso’.
T.I.I.A. N° 25. Ecco le ‘forze’ interne che l’aiutano (a e b):
a)“Sento una forza spontanea che non so da dove nasca, viene dal profondo e a volte mi stupisce, ha voglia di vivere, di godere qualsiasi cosa, accetta le piccole cose come un dono, questa parte fa sì che mi senta disponibile verso gli altri, non nel senso di caricarmi di pesi più forti di me, ma disponibile alle relazioni, rapporto di scambio e parità reciproca” ….
b)“Dall’interno è come se vedessi un’immagine di una mamma che prende in braccio il suo bambino, sia nel momento di gioia per affetto sia nel momento brutto, quando il bimbo non ha le capacità di affrontare la situazione, e sa che la mamma è li, non se ne va, e lo fa sentire protetto anche quando ha paura”.
Quest’ultimo passaggio ricorda Dante che nel XXX Canto del Purgatorio, quando incontra Beatrice, usa la similitudine di un ‘fantolin’ (fa emergere dalle sue esperienze antiche) che corre dalla madre quando ha paura.
“ Tosto che ne la vista mi percosse
l’alta virtù che già m’avea trafitto
prima ch’io fuor di puerizia fosse
volsemi la sinistra col respitto
col qual il fantolin corre alla mamma
quando ha paura o quand’egli è afflitto.
Ecco le due T.I.A.A. che descrivono il processo d’integrazione
T.I.A.A. N° 29.
“Sensazione di calore piacevole, tutta dentro al corpo, un vigore, un’energia che da dentro va verso fuori. … Una luce, simile al colore oro, da piccola si estende e diventa un cerchio grande, come se illuminasse tutte le parti di me, una luce rassicurante che indica una via interna. …..”
Va molto bene così, ed è già una grande conquista, ma riguarda solo la parte interna, la psiche, che colloca nell’interno del corpo; questa tuttavia non è in armonia con la sua parte esterna, cioè il corpo, come poi dice.
“Una sensazione come se le parti interne di me non fossero collegate con le parti esterne del corpo, non ci fosse continuità fra il dentro e il fuori. … A volte ho un rifiuto verso il corpo, non rispecchia la parte esterna ma fa vedere un’altra cosa. Non accetto il corpo perché mi tradisce a volte. L’inizio è stato da quando (il corpo) cominciava a trasformarsi da bambina quando iniziavo a crescere, a mutare, e da più grandicella, con la paura di diventare come una donna ….”
Tuttavia c’è questa luce che si estende, che indica una via (la sua Beatrice), e il risultato lo vediamo nel brano successivo; è la tendenza in sé a vivere secondo le leggi della vita.
T.I.A.A. N° 30
Sensazione di piacere e leggerezza su tutto il corpo, di pace interna e di distensione come quando si è sull’acqua del mare e ci si lascia cullare dalle onde e ci sentiamo sereni e liberi di farci cullare e coccolare”
Inizio apparentemente come nella precedente T.I.A.A., ma qui parla di ‘corpo’ e non ‘qualche cosa che è dentro al corpo’ e poi prosegue in modo molto diverso:
“Sensazione di ascolto e osservazione verso me stessa e parte interna ed esterna non sono divise ma una continuità, una complessità, un tutt’uno; ecco sono così, fatta da tante parti, ognuno ha una sua particolarità, il corpo accoglie questo messaggio, non sento due cose diverse, ma come se il mio corpo rispondesse al mio stato interno, c’è armonia fra corpo e psiche” …. Sento come ci fosse un adulto interno che indica la via lasciandoti libera”.
Come ultima eroina presentiamo una persona che è stata preda di una delle più profonde e spietate depressioni, osservate fra molte decine di casi.
Sua è anche la T.I.A.A. in cui si vede il viraggio fra vissuto di madre mostro, (“mia madre è un mostro, per cui “io sono una madre mostro”) a madre nutritiva che dà calore; viraggio che segna l’inizio della sua ripresa e rinascita e conseguente uscita dalla depressione.
Tale T.I.A.A. è riportata, anche con illustrazioni, nel libro [Gastaldo G Ottobre M. (2002 – 2008:” Dottore, posso guarire? - Come curare i mali oscuri”, pagg.101/106. Ed. Armando, collana Airda, Roma].
Invece, nella seduta, della quale qui riportiamo l’ultima parte, la paziente fa comparire come protagonista il bambino il cucciolo, il proprio puer.
La svolta verso l’integrazione del femminile con il maschile è compiuta dal proprio puer in quanto questa parte di sé possiede l’energia allo stato nascente, contiene anche l’orientamento insito nel DNA verso le leggi della vita ed infine, nella T.I.A.A. prima menzionata, ha fatto emergere ed ha captato il ricordo, registrato nell’amigdala, di madre tenera, affettuosa, protettiva, che dà calore e nutrimento.
Il bambino entra in scena rapidissimo, come una saetta, così come, subito dopo, è stata rapida e improvvisa l’uscita dalla depressione.
A questo bambino in lei, il compito di recuperare e accogliere come preziosissima la sua parte femminile, che aveva creduta terribile e distruttiva, e che quindi aveva rinnegato, con conseguente caduta nella depressione.
Al bambino il compito di ritrovare Beatrice che è sotto forma di perla, ma dapprima non la può vedere perché nascosta nell’ostrica ed è in un antro.
Anche Dante, nel trentesimo canto del Purgatorio, non riconosce Beatrice perché nascosta da un velo
Canto XXX
“Sovra di candido vel cinta d’uliva
Donna m’apparve, sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva”
Dante e il bambino devono immergersi nell’acqua purificatrice – Dante nel fiume Lete – e, a loro così purificati, finalmente si svela e possono contemplare, il loro tesoro; si apre la strada verso il loro ‘paradiso’.
Canto XXXIII
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
Da scrivere i’ pur cantere’ in parte
Lo dolce ber che mai non m’avria sazio;
…………….
Io tornai dalla santissima onda
rifatto siccome piante novelle
Rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire le stelle
T.I.A.A. N° 42
Adesso dal cielo, ho visto come una saetta, con la stessa intensità, scendere un bambino ed è andato dentro ad uno specchio d’acqua. Sembra sia arrivato con uno scopo ben preciso; infatti sposta delle piccole pietre, forse in cerca di una specie di tesoro, (non quale monete o oro), ma di qualche cosa che imprigioni la voglia di vivere; potrebbe andare in cerca di un’ostrica che sia riuscita a produrre, nel corso del tempo, una perla bellissima.
Adesso vedo un piccolo bagliore proveniente da un antro sotto la superfice di questo fiume e il bambino si dirige proprio là.”
Il bambino è colpito dal bagliore della nascosta perla come Dante è trafitto dal ‘bagliore’ della virtù della velata Beatrice, come nei versi prima citati:
“Tosto che nella vista mi percosse
L’alta virù che già m’avea trafitto”
“Il bambino prende in mano la perla con estrema delicatezza; la apprezza come un dono e quasi con umiltà va incontro a questo dono. L’appoggia vicino al cuore non so se per riuscire a spostare su di sé la stessa energia che l’ostrica è riuscita a utilizzare per formare la perla.
La tiene stretta in mano e risale.
L’acqua imprime sul suo corpo una forza tale che sembra spingerlo verso la superfice.
Lui arriva sulla riva, vedo la sabbia molto bianca, vedo il mare con un bel colore azzurro e lui si siede sulla riva del mare e rimane là ad ammirare il tesoro che è riuscito a scoprire in fondo al mare”
8) Conclusione
Abbiamo raccolto e accolto le ‘umane commedie’ di centinaia di questi EROI, con più di quindicimila loro T.I.A.A. registrati, trascritti e catalogati.
Ognuno di essi non si è limitato ad una, seppur importante riflessione sulla vita e sul viaggio proprio e altrui, ma ha COSTRUITO e percorso, tappa per tappa, nel loro immaginario e in piena coscienza, soffrendo e gioendo, un loro personale, intimo, inimitabile e irripetibile viaggio.
Questo non assomiglia e non può assomigliare a quello delineato nell’Asino d’oro di Apuleio, nella Divina Commedia di Dante, nel Signore degli anelli di Tolkien, nella Storia Infinita di Ende, in Pinocchio di Collodi, in Harry Potter di Rowling e in mille altri.
Essi documentano, con i profondi cambiamenti del loro personale modo di vivere, il cammino di armonizzazione psichica e di integrazione di strutture cerebrali che la sottendono.
Certamente questi nostri eroi non possono paragonarsi all’EROE Sommo Poeta; pur tuttavia, con Dante e gli altri artisti e i miti, leggende e favole e alcune prassi psicoterapeutiche, essi indicano e testimoniano una via – (coesistenza, collaborazione di immaginario/coscienza) - per un futuro migliore, per quell’umanità che è disposta a percorrerla.
A Dante e anche ai nostri Eroi la nostra gratitudine.
Giovanni Gastaldo
“MI RITROVAI IN UNA SELVA OSCURA”
Come attenuare il ‘difetto originale’ Premessa
“Mi ritrovai in una selva oscura”. Questa è la metafora di Dante, nella Divina Commedia, che molte persone esprimono, anche se con parole diverse, quando si presentano a medici, psicologi, psichiatri o psicoterapeuti. È la ‘crisi’ che per molti di loro non è il peccato, non è un qualche cosa di cui si sentono colpevoli. La ‘crisi’ consiste, di solito, in un forte malessere psico/fisico, le cui cause i più non riescono a individuare, oppure attribuiscono ad altro da sé; altro di cui a volte si sentono vittime o da cui si sentono perseguitati.
La crisi crea sconcerto soprattutto in quelle persone che fino ad allora avevano accolto con insofferenza familiari o amici che lamentavano disturbi psichici; li giudicavano inetti, incapaci di reagire, di abbandonare piagnistei e li rimproveravano di essere inclini a fare le vittime. (Vedi il primo capitolo del libro della collana Airda: Gastaldo G. Ottobre M.: (2003): Dottore, posso Guarire? – come curare i mali oscuri, Armando Editore, Roma).
In ogni caso, sia che si tratti di rimorso per i propri presunti o reali ‘peccati’, o di disturbi psichici, per superare la crisi, occorre fare un percorso in quanto sempre si tratta dello smarrimento di una ‘diritta via’. Per questo cammino è fondamentale cominciare da dove si è imboccata la via sbagliata (inferno), per costruirne una corretta (purgatorio), al fine di giungere allo stato di armonia/benessere (paradiso).
Cito Dante in quanto è l’artista che, in modo molto esplicito e in un’opera somma: la Divina Commedia, ha descritto il proprio cammino di maturazione a partire da una ‘crisi’ verificatasi “nel mezzo del cammin” della sua vita.
Questo articolo fa seguito, ad un precedente: Miti, Dante, Freud … e Schultz con il Training Autogeno – l’umanità tende a sanare il proprio “difetto originale” (pubblicato nel sito www.Airda.it al menù: altro – nuova pagina) scritto in commemorazione del settecentesimo anno della morte del nostro sommo poeta.
In tale articolo si argomenta che miti, leggende, favole, arte e alcune metodiche psicoterapiche creano collegamenti di integrazione fra parti del cervello dell’Homo Sapiens – in particolare fra neocortex e strutture limbiche – integrazione volta a sanare un ipotetico “DIFETTO ORIGINALE”, che un’evoluzione troppo rapida avrebbe determinato.
Tali attività dell’uomo (miti, favole, arte, psicoterapie), creando - dove carenti - collegamenti fra alcune aree del cervello, sanano almeno un poco questo importante handicap dell’Homo sapiens, responsabile della distruttività di tanti esseri umani.
La Divina Commedia viene portata come l’esempio più completo di tale processo di integrazione e in parallelo vengono citati vissuti di pazienti che hanno, tramite la metodica di I. H. Schultz, percorso strade simili.
A questo proposito abbiamo precisato in tale articolo, ed ora lo ribadiamo, che:
“Il parallelismo fra versi della Divina Commedia e frasi delle T.I.A.A. (particolari sedute di Training Autogeno Avanzato) vuole solo significare che, come Dante, anche i pazienti passano attraverso analoghi stadi evolutivi. Tuttavia il viaggio di ogni umano è talmente personale che nessun passaggio può essere sovrapponibile a quello di altri; eventuali somiglianze possono esserci solo nell’ambito di simbologie archetipe.
Ognuno dei citati ha COSTRUITO e percorso, tappa per tappa, nel loro immaginario e in piena coscienza, soffrendo e gioendo, un loro personale, intimo, inimitabile e irrepetibile viaggio”
Abbiamo aggiunto che ogni viaggio di tali persone:
“Non assomiglia e non può assomigliare a quello delineato nell’Asino d’oro di Apuleio, nella Divina Commedia di Dante, nel Signore degli anelli di Tolkien, nella Storia infinita di Ende, in Pinocchio di Collodi, in Harry Potter di Rowling e in mille altri.
Il presente lavoro vuole essere una continuazione/completamento del precedente nel quale compaiono solo piccoli tratti del ‘viaggio’ di alcune persone; ora invece citeremo, in modo più esaustivo, il primo terzo del ‘viaggio’ di una sola persona. (Nel libro di - Gastaldo G. Ottobre M. (2008): Psicoterapia Autogena in quattro stadi – l’appuntamento con sé stessi, Ed. Armando, collana AIRDA, Roma, al terzo capitolo c’è un cenno di tutte le sedute di questo soggetto (Sedute di Training Autogeno Avanzato denominate: Terapia Immaginativa Analitica, Autogena – T.I.A.A. - e Terapia Autogena Analitica Avanzata – T.A.A.A.-); nel libro: “Nel labirinto con il filo d’Arianna” invece ci sono molti brani di questa persona trascritti integralmente).
In questo articolo saranno presi in considerazione i punti in cui si vede il suo inferno, cioè la sua sofferenza data dal disturbo psichico e psicosomatico e i suoi contenuti psichici inconsci; si vedono inoltre il suo purgatorio - quando accadono momenti di ‘guarigione’- e il suo paradiso, quando ha raggiunto sperati traguardi di armonizzazione.
Questa persona segue l’esortazione dell’Ulisse dantesco: “fatti non foste a viver come bruti ma, per seguir virtute e conoscenza”; e così si inoltra per conoscere la sua parte sotterranea e realizzare pienamente se stesso.
La Divina Commedia rimane nello sfondo con i tre passaggi: Inferno, Purgatorio e Paradiso come contenitori e classificatori dei momenti del viaggio del soggetto che li ha vissuti e che generosamente ce li ha messi a disposizione.
La Divina Commedia nei suoi tre momenti
Attraverso quattro autori vediamo, in estrema sintesi, il significato delle tappe (Inferno, Purgatorio e Paradiso) percorse da Dante, al fine di vedere in parallelo ciò che, rispetto a queste tappe, troviamo nelle T.I.A.A. e T.A.A.A. del soggetto preso in considerazione:
Nell’Inferno: contatto con la persona, con l’ombra, con i vari aspetti dell’animus e dell’anima (A. Mazzarella) L’Inferno rappresenta il catalogo dei nostri disagi e delle nostre paure; la sofferenza causata da comportamenti e pensieri di dannazione (R. & G. Schaub). L’Inferno è il mondo del dolore: troviamo nel nostro inconscio i nostri talenti, la strada verso il Sé, in un incontro con la propria anima, e vi possiamo riconoscere gli automatismi nell’avarizia, nella gola, nella lussuria e in tutti gli altri peccati. (G. Sitta) L’inferno ospita tutta la psicopatologia dell’inconscio, il fondo delle bassezze umane dove la inconscietà sommerge la coscienza e quest’ultima tradisce se stessa. È il mondo della sofferenza (C. Widmann).
Purgatorio Nel Purgatorio troviamo la presa coscienza della sintesi unificante degli opposti (A. Mazzarella). Nel Purgatorio scopriamo la strada della liberazione dai nostri disagi e paure; Dante ci mostra il beneficio della trasformazione e come trasformare (R. & G. Schaub) Il Purgatorio è il regno dell’Io; la coscienza si erge al di sopra dell’inconscio. È il mondo della fatica (C. Widmann).
Paradiso Con il Paradiso abbiamo la presa di coscienza delle istanze personali che portano all’unione finale col Principio (A. Mazzarella) Nel Paradiso si scopre il passaggio ad una vita pienamente realizzata e densa di significato (R. & G. Schaub). Nel Paradiso siamo nella sfera del Sé. Avviene la ricomposizione della totalità individuale anche grazie all’ombra. È il mondo di pura luce (C. Widmann)
Cenni sul Training Autogeno Basale ed Avanzato.
Possiamo considerare, in estrema sintesi, il Training Autogeno come l’allenamento all’ascolto del proprio sé; allenamento a lasciare emergere ciò che nasce spontaneo dal sé (autogeno = autos geno; ciò che si auto genera), allenamento rivolto ad acquisire conoscenza intima tramite l’ascolto; ascolto che esplora la realtà dell’uomo che va, senza soluzione di continuità, dal corpo alla psiche e viceversa e va dal nostro comportamento ai meccanismi inconsci che lo condizionano.
Quanto detto accade quando l’insegnamento non svuota il Training Autogeno dei suoi principi fondanti – ascolto di ciò che si autogenera - oppure non si fossilizza in una esteriore ortodossia. Accade quando l’insegnamento è indirizzato a ciò a cui tende la linea evolutiva del metodo.
Schultz è partito dalla suggestione e, attraverso l’autosuggestione, è sfociato ad escluderla non solo quando viene dagli altri, ma anche quando viene dal proprio Io. L’esclusione serve perché l’attenzione venga focalizzata su ciò che emerge dall’intero proprio Sé - e non dall’esterno o da una sola parte del Se cioè dall’Io. Il fine è di perseguire ciò che per l’autore del metodo è la finalità del lavoro psicologico con il T.A.:
“ … autentica realizzazione di sé; questa deve prendere forma solo e soltanto da ciò che è il patrimonio interiore dell’individuo, il mondo dei propri atteggiamenti interiori, il contenuto delle immagini che ognuno di noi porta in sé.”. (I. H. Schultz (aprile 2010): Il Training autogeno metodo di auto distensione da concentrazione psichica, II –Esercizi superiori – Teoria del metodo, Ed. Feltrinelli – Campi del sapere, Milano. – pag. 610)
Il Training Autogeno comprende uno stadio Basale (Training Autogeno Basale: T.A.B.) e uno stadio Avanzato che, nello Studio Gastaldo/Ottobre, si divide in tre stadi: Terapia Immaginativa Analitica Autogena (T.I.A.A. - secondo stadio), Training Autogeno Analitico Avanzato (T.A.A.A. - terzo stadio.), e Training Autogeno con Collaborazione analitica del Terapeuta (T.A.C.T. - quarto stadio).
Nel T.A.B. si apprende a lasciare che accada, a lasciare emergere ed ascoltare qualsiasi cosa si generi nel proprio essere psicofisico, ad accettare con interesse ogni cosa che accade in sé in quel momento, ad apprezzare la sapienza biologica che in ogni istante si palesa. Per acquisire queste capacità ci si allena a mettere da parte la pretesa dell’Io di fare una dittatura sul sé in modo da lasciare campo libero a ciò che si genera spontaneamente. Si apre così una strada verso il centro del proprio cervello/psiche. (vedi: Gastaldo G, Ottobre M. (2019): Una strada per il centro del cervello, Ed. Armando, Collana Airda, Roma.)
Nell’esercitarsi con il T.A.B. si creano sinapsi che successivamente rendono quasi automatico il lasciar emergere in piena coscienza contenuti inconsci, come potrete constatare nei vissuti del soggetto che presentiamo.
Nel secondo e terzo stadio si parte da questa capacità acquisita con l’allenamento del T.A.B., la quale viene potenziata sempre più con l’esercitarsi anche con le sedute degli stadi successivi.
Nelle sedute di II stadio il soggetto, nello Studio del terapeuta, dopo aver fatto il T.A.B. in poltrona o sul lettino, lascia: “Carta bianca al proprio cervello” e racconta a se stesso, al terapeuta e ad un microfono per registrare, ciò che allucina nel suo schermo visivo o ciò che emerge dal suo pensiero o ciò che immagina. In questo secondo stadio il soggetto non si propone alcun tema, ma parte da ciò che emerge spontaneamente. Nel terzo stadio il soggetto fa le sedute a domicilio e si auto propone mentalmente uno ‘stimolo’ cioè una piccola frase a contenuto simbolico. Es.: “davanti al mio occhio interiore lascio apparire un vaso” oppure: “davanti al mio occhio interiore chiedo all’inconscio …….”
è indubbio che ciò che i soggetti raccontano in queste sedute sia, anche e soprattutto, materiale inconscio; infatti essi stessi si meravigliano di ciò che è uscito dal loro cervello.
Nel quarto stadio il soggetto lavora in autonomia a domicilio esercitandosi con il
T.A.B., o con sedute tipo secondo o terzo stadio (senza o con stimolo). Quando, e se crede opportuno, chiede collaborazione di tipo analitico al terapeuta.
In molte T.I.A.A. (II stadio) o T.A.A.A. (III stadio) è possibile intravvedere quando e come l’apparato psichico realizza un passo in avanti verso una maggior maturazione. Abbiamo chiamato, per sinteticità, questi momenti: “meccanismi di guarigione” Tuttavia è importante precisare che non sono meccanismi, cioè cose meccaniche, ma momenti psichici in cui accade un passo in avanti e, piuttosto che guarigione, è meglio parlare di armonizzazione.
È importante anche precisare che le interpretazioni dei simboli che evidenziamo sono quelle date dai soggetti stessi.
Ed ecco una delle “umane commedie” tratta da alcune T.I.A.A. (secondo stadio) e T.A.A.A. (terzo stadio) di una persona che non occorre presentare in quanto lo fa compiutamente attraverso i propri vissuti.
4) Le disavventure di un neonato e viaggio attraverso inferno e purgatorio
Nella prima seduta, tre pagine di ben circa 2500 battute ciascuna, il soggetto si vede immerso e diventare: erba, terra, albero ed infine acqua “sono diventato terra, erba ed acqua praticamente ….”. Commenta poi che gli è interessato e piaciuto di più l’immedesimazione con l’acqua”. (Il soggetto non ha nel suo bagaglio culturale la nozione che l’essere umano è composto per circa l’70% da acqua, ma probabilmente questa è una ‘consapevolezza’ interna).
Si intravvede il tema: essere fuso con il grande grembo della natura; riferimento questo alla vita intrauterina, ma anche al mondo di atomi appartenenti al regno minerale, vegetale e animale che, attraverso l’elaborazione dell’organismo materno, sono andati a formare le cellule che progressivamente si sono formate per costruire il suo organismo.
La sua origine dal grembo della terra e dal grembo materno è il suo punto di partenza per il viaggio di rinascita. Ciò in quanto sente inconsciamente che la propria: ‘errata via’ è iniziata dal rapporto generante e strutturante con la madre e dal modo in cui è avvenuta la separazione fisica e psichica da lei. Pertanto, sempre secondo una intuizione inconscia, è proprio da questo punto di partenza che sente di dover ripartire per rifare il cammino secondo una ‘retta via’.
Nella stessa T.I.A.A. vorrebbe vedere oltre ma: “non riesco ad andare al di là …. Non riesco a vedere se c’è un orizzonte”. Questa è la situazione di partenza che cela un desiderio e un impulso a fare il percorso per vedere e raggiungere traguardi migliori.
Nella seconda T.I.A.A., cinque pagine, s’accorge che, quando è all’interno della chioma dell’albero, (in questo momento gli rappresenta il ventre materno, l’essere protetto) il panorama non ha limiti in quanto con l’immaginazione può vedere quello che desidera mentre, se è sopra l’albero e vede il panorama, non può cambiare ciò che vede:
“preferisco immaginare piuttosto che vedere perché, se vedo, vedo solo la realtà …. Vedo il panorama ma non posso cambiarlo, devo accettarlo com’è”.
Emerge così, e ne prende coscienza, la sua difficoltà di accettare la realtà in quanto, appena subito dopo la nascita, incontrando la realtà, ha conosciuto un suo inferno.
Emerge inoltre la scelta di lavorare, per cambiare la propria realtà interiore, attraverso l’immaginario; è la scelta di Dante il quale effettua la propria evoluzione interiore con un viaggio immaginario attraverso inferno e purgatorio per approdare nel regno dell’armonia e della luce
(Chi ha fatto dei T.I.A.A., oppure ne ha conosciute di altri, sa che i vissuti che emergono sono: “rêve eveillée” cioè sogni – materiale simile a quello dei sogni – fatti da svegli;
sono cioè immaginazioni in piena coscienza.
I canti della Divina Commedia sono anch’essi delle immaginazioni in piena coscienza)
Il soggetto, dopo aver precisato da dove parte e di voler lavorare con l’immaginario, prosegue focalizzando la propria attenzione sulla attuale condizione esistenziale e sulla voglia di cambiare: .
“mi viene in mente un simbolo fallico … in effetti ha una forma non dico a pene ma simile … con una consistenza tipo gomma dura, caucciù … L’albero (in questo contesto identifica se stesso con l’albero) si è afflosciato a terra … prima sembrava che si squagliasse, che marcisse, poi invece si è rizzato un’altra volta … non riesco a capire se sono io che immagino o io che cerco di far fare qualche cosa a quell’albero, tipo di partire via come un missile e andarsi a piantare in un’altra collina.
Ha chiaramente comunicato a se stesso e al terapeuta il proprio punto di partenza e cioè la paura della propria impotenza, del proprio fallimento, della castrazione (la madre lo voleva femmina e da tale lo trattava), ma anche la voglia di separarsi da ciò che lo ha generato e di individuarsi cioè diventare se stesso. (andarsi a piantarsi in un’altra collina)
Nella terza T.I.A.A., otto pagine, si alternano varie volte due scenari. In questi c’è la rielaborazione della nascita come separazione dalla madre e il primo slancio verso l’individuazione.
Il primo scenario si svolge nell’albero e con l’albero che, alle volte, è ‘albero madre’ e altre è ‘se stesso’; c’è sempre una fusione e anche separazione fra se stesso e l’albero. Quest’ultimo, anche se è possente, orientato verso il cielo e ben radicato, è comunque un albero spezzato (che sia se stesso o la madre). C’è qualche cosa di spezzato, di non perfetto sia in chi genera (la madre) sia in chi è generato (lui). Questo qualche cosa è la relazione fra i due come vedremo più avanti.
“ … vedo l’albero spezzato con il suo lungo ramo, addirittura ridicolo, ha tutte le foglie verticali, dirette verso il cielo, dà un senso di virilità, di energia dell’albero, nonostante questo sia spezzato, ha due grandi radici che scendono giù nella roccia, sembra che scendano giù fino al fiume limaccioso.
Poi improvvisamente:
sto cadendo nel canyon … . ”
Non poteva descrivere meglio questa fase della sua vita!
La caduta nel canyon è la sua ‘selva oscura’, è la sua depressione nella quale prevale la sensazione di essere precipitato nel nulla.
Il secondo scenario si svolge nel canyon dove c’è, al centro, un grande masso squadrato con l’uscita di una galleria dalla quale esce un fiume d’acqua limacciosa.
Ad un certo punto si ritrova nella galleria, che è dentro a questo masso, alla fine della quale vede una luce accecante. È il momento che precede l’uscita dal ventre materno.
(In molte persone, nelle T.I.A.A. la luce accecante all’uscita da una galleria è ciò che lamentano quando recuperano le sensazioni registrate alla nascita; ciò in particolare se il parto è avvenuto in ambienti molto illuminati come sale operatorie o sale parto come è stato per lui)
La galleria poi esplode:
“…. La galleria è come esplosa, si è aperta e io sono caduto dentro, sopra la cascata e cado in mezzo all’acqua … la caduta è molto lunga, è molto profondo …. Continuo a cadere, intanto penso all’albero, penso come stavo bene quand’ero in alto …. sul solido, sul sicuro; continuo a cadere, è una caduta lunghissima, ho preso una botta su una roccia sporgente e comincio a roteare … e cerco di prendermi sugli spuntoni di roccia che … si rompono tra le mani … uno a destra e uno a sinistra”.
In diverse T.I.A.A. di altre persone, il sentirsi in una cascatella e/o scendere all’indietro dolcemente, viene vissuto come la propria nascita; si tratta del recupero di sensazioni della nascita quando il parto è perfettamente normale.
Invece il precipitare rovinoso è il vissuto di chi ha avuto “pacchetti di brutte esperienze” durante il parto o nel periodo immediatamente successivo.
Ecco tre esempi di tali pacchetti di esperienze:
Pacchetto di esperienze di figura materna che non sostiene, magari perché assente fisicamente o psichicamente nella primissima infanzia; simbolicamente si traduce in “madre terra che non sorregge” e si precipita. (In questo caso la madre, nel primo mese di vita del figlio, ha avuta una malattia, non precisata, per la quale prendeva molte medicine che la rendevano poco vigile e attenta, e comunque non disponibile. Viene inoltre riferito che il bambino era molto sonnolento e quando si svegliava piangeva continuamente: questo è segno di grande sofferenza. Ancora gli era stato detto che la madre lo pettinava come una bambina e lo chiamava con il suo nome al femminile: ciò sta ad indicare che non c’era un’accettazione di quello che egli era, dunque anche per questo, possiamo parlare di “mancanza di sostegno”).
Inconvenienti durante il parto. (Nella T.I.A.A. 12 questa persona rivive la sua nascita, avvenuta con parto traumatico).
Figura materna percepita come nociva in quanto, ad esempio, interrompe bruscamente l’allattamento avendo fitte dolorosissime per ragadi o mastite. (Questo sarà nitido nelle sue ultime T.A.A.A., quando, nelle domande all’inconscio, comprenderà come ciò sia stato uno dei fattori determinanti le sue sofferenze successive).
Per il nostro protagonista quindi sono ben presenti le tre evenienze e ciò spiega il suo vissuto del precipitare dopo l’uscita dal canale del parto.
Sono queste evenienze, delle quali in parte non sono responsabili i due protagonisti, a portare ad una distorsione della loro relazione; distorsione che è responsabile dello smarrimento della “diritta via”.
Ancora nella terza T.I.A.A.: successivamente, il paziente decide di risalire, ma due spuntoni, nei quali si appiglia per salire, si rompono e pertanto ricade nella cascata e finisce nel fiume limaccioso; rivede l’immagine di quel “pezzo granitico in mezzo alle pareti del canalone, da dove esce l’acqua limacciosa”.
Tuttavia persiste nel voler risalire, ma non verso l’imbocco della galleria, da dove era stato espulso, ma verso l’albero; non per ritornare nel ventre materno ma per accedere alla vita:
“… faccio una fatica terribile, ma riesco ad arrivare sulla sommità, … e mi ritrovo seduto ai piedi dell’albero, mi ci butto dentro di schiena, le gambe vengono assorbite dal tronco, sono tornato all’interno del tronco con un senso di pace … quasi per ringraziare l’albero sto buttando fuori rami, all’interno della vegetazione, più rami butto fuori e più io sparisco; adesso sono nel mezzo dell’albero, anche la cima di questo albero è tronca, come segata, e dalla fine dell’albero esce la mia testa.
È un albero simile a quello di prima, ma ha molti più rami, più forti, che si chiudono a raggera fino in alto, sembra che l’albero sia io”
Siamo alla fine della seduta che così si conclude:
“… risento la sensazione di essere io l’albero … sembra quasi che la conclusione di tutto sia che io sono l’albero, che adesso cade e rovina dentro l’acqua, ma io sono rimasto dove ero, l’albero è caduto e io sono rimasto al posto dell’albero, l’albero è caduto giù precipitosamente, giù in fondo e viene portato via dall’acqua.”
Si è realizzato un ‘meccanismo di guarigione’: nella vita reale ha l’impressione di precipitare, ma nell’immaginario, nella T.I.A.A. in cui esiste la coesistenza fra inconscio e conscio, s’accorge che, quello che precipita è solo il fantasma di sé, e/o chi l’ha generato, mentre lui in realtà riesce a non precipitare ulteriormente, e anzi a risalire nel suo prato, nella sua collina, ancorato alla roccia.
Abbiamo assistito anche alla descrizione di una rinascita; è naturalmente solo un primo tentativo.
In questa T.I.A.A. abbiamo visto il protagonista nel suo ‘Inferno’, vittima delle sue disavventure alla nascita, ma anche nel suo ‘Purgatorio’ rappresentato dai suoi sforzi di recuperarsi, di risalire, e infine il preannuncio del suo ‘Pardiso’, segnalato dalla maggiore armonia interiore, dopo che aveva intravvisto la propria rinascita.
Il momento clou è quando si oppone con tutte le sue forze al precipitare e fa ogni sforzo per risalire, per andare verso l’alto; è il percorso di Dante. L’esserci riuscito è indice di inizio di guarigione. Nella Divina Commedia Lucifero precipita e va al lato opposto di Dio, della luce, dell’armonia, della vita. L’alto e il basso sono i due poli opposti in cui si collocano il Bene e il Male, il Tutto e il Nulla, la Vita e la Morte, la Luce e le Tenebre
Quarta, quinta, sesta T.I.A.A.
Ora è uscito dal grande grembo della natura e dal grembo materno, ma si ritrova in un altro grembo cioè in seno ad una famiglia con madre padre e alcuni fratelli. È un altro luogo di protezione, ma che può avere i suoi inconvenienti ed è con tale realtà che ora deve fare i conti. Racconta questa parte della sua avventura in tredici pagine dense di simboli che sono icone di tanti pacchetti di esperienze con ciascuno dei componenti e con l’insieme della famiglia.
Nella T.I.A.A. N° 4 preannuncia questa avventura in seno alla famiglia narrando la lotta con un cono di pietra grigia; ecco una delle ultime fasi più cruente di tale lotta:
“… Ora ho scavato con le mani degli scalini sul cono e sono salito in cima ad esso e mi ci sono seduto sopra … il cono mi si è infilato dentro … ed è rimasta solo la pelle sopra il cono, non ci sono tracce né di ossa né di carne, c’è solo pelle appesa attorno al cono … adesso brucia, la pelle si è bruciata ed è rimasto solo il cono grigio e levigato …” e più avanti: “ ora la testa si è infilata sulla punta (parla sempre del cono) ed è stata da questo traforata, si è allargata e si è decomposta, sono sparite le braccia e le gambe, c’è una traccia di sangue che parte dalla punta del cono e scende verso terra; a terra ci sono pezzi di testa che adesso vengono schiacciati dal cono”
La prima osservazione è che questa scena fa concorrenza ad un film horror e alle scene dell’Inferno della Divina Commedia!
Nelle T.I.A.A. successive il suo Virgilio interno gli dirà cosa rappresenta il cono.
A tale proposito preciso che alle volte proponiamo al paziente di fare delle associazioni libere, durante l’intervista successiva alla seduta di T.I.A.A., affinché possa comprendere il significato di quel particolare vissuto, di ciò che quel vissuto vuole comunicargli. Questo serve anche a motivarlo nel suo cammino e a non bloccarsi nelle resistenze e nella tentazione di fuga, con un: “non capisco niente e non vale la pena di proseguire!”.
La seconda osservazione è che in fondo la persona sa, dentro di sé, cosa ha voluto dirsi con il vissuto rievocato e che, in fondo, lo sa meglio di qualsiasi altro e che, se aspetta qualche altra seduta di T.I.A.A., lo scopre e arriva prima o poi, anche ad una consapevolezza esplicita.
La terza osservazione riguarda l’impalamento che subisce dal cono. Non si tratta di un’allusione ad una penetrazione fisica, sessuale, ma di una allegoria che si riferisce a pacchetti di esperienze di: aggiramenti, imbrogli, inganni, fregature o meglio a pacchetti di esperienze in cui ha creduto di essere imbrogliato e ingannato.
Era poi così terribile la famiglia del paziente? No certamente; era una famiglia normale!
Per comprendere ciò che è accaduto nella sua psiche, che ha trasformato una famiglia normale in una che massacra un figlio, ricorriamo ad una metafora che troviamo nei libri di psicologia.
Immaginiamo una pila molto alta di monete e che una delle prime monete sia stata messa alquanto sfalsata verso un lato: le successive, per bilanciare e fare stare in piedi la pila, dovranno essere messe sfalsate verso il lato opposto fino a ritornare in asse con le prime. A questo punto comunque la pila ha una curva da un lato per cui bisognerà, per compensare il peso di tale curva, farne una uguale dall’altro. La pila continuerà con curve e controcurve sempre più ampie, per cui non potrà andare molto in alto in quanto, ad un certo punto, si sbilancia completamente e rischia di cadere: è la crisi.
Più precoci sono i primi sfalsamenti e prima inizieranno le curve e controcurve per creare compensi.
Breve nota sullo svolgimento della terza fase di sviluppo nell’età evolutiva
Il paziente colloca Il vissuto del cono/piramide all’età dai tre ai cinque anni; è una delle curve di compenso alle precedenti del primo e secondo anno. Basta che la madre abbia dato ragione al fratello in un litigio, o qualcuno l’abbia preso in giro, o la porzione di dolce gli sembri più piccola, perché percepisca una famiglia che lo perseguita; naturalmente la sua mente by-passa inconsciamente tutte le volte in cui la madre gli ha dato ragione o in cui le cose sono andate a suo favore.
È ovvio: le sofferenze che ha subito nei suoi primi slanci di vita hanno determinato il suo modo di percepire il mondo, un mondo ostile; tale mondo è rappresentato dalla persona che gli è stata più vicina: la madre. Come percepisce la madre così percepisce il mondo, a partire dal mondo del bambino di tre anni, la famiglia. Basta molto poco per percepirla ostile.
Fra i tre e i cinque anni si colloca un’importante fase di crescita del bambino. Prima vive i rapporti con gli altri e gli oggetti del mondo in modo “diadico” : io-tu, in quel momento il resto rimane nello sfondo come non esistesse, escluso, eliminato.
Ad un certo punto della crescita però inizia un nuovo modo di percepire la realtà: se egli è in rapporto con la madre, ed è presente anche il padre (o un fratello), si accorge che la madre è in rapporto anche con il padre (o con il fratello).
Percepisce i rapporti non più come “diadici” ma come “triangolari”. Lui e la madre, lui e il padre ma anche il padre con la madre (o il fratello con la madre). Siamo in quella fase che viene definita “fase triangolare”.
Se lui prima, in relazione diadica con la madre, escludeva il padre (o il fratello) ora, che s’accorge del rapporto fra madre e padre (madre e fratello), teme di essere escluso dalla coppia; s’accorge che non ha più l’esclusiva della madre, come precedentemente sentiva. Il momento è difficile per il bambino, soprattutto se la sua sicurezza è rimasta minata già nel primo anno di vita. Se non è sufficientemente sostenuto, egli rischia di non riuscire a fare questo passaggio evolutivo: la sua insicurezza lo rende schiavo della pretesa di essere il centro del mondo e della pretesa di esclusività nei rapporti; in modo particolare nel rapporto con la madre. Nella vita potrà soffrire di gelosia eccessiva, di pretesa che il mondo sia come lui lo vuole, o di avvilimento, di colpa e di autosvalutazione.
Con queste spiegazioni forse può risultare più comprensibile il vissuto successivo della piramide o meglio la sua interpretazione della vicenda con la piramide.
La quinta T.I.A.A. inizia vedendo una piramide che assomiglia al cono visto nella precedente seduta; la vede da sotto: questa ha una base triangolare e quindi tutti i lati triangolari e poi, quando vede tre piramidi, queste si raggruppano e formano al vertice un ulteriore triangolo. Questa composizione di triangoli può essere il simbolo della: “fase triangolare”?
È da considerare tuttavia che la simbologia del triangolo, e di una piramide a base triangolare, è molto più complessa e può avere diverse altre e importanti interpretazioni.
Inizia una lotta furibonda, cruenta, distruttiva con la piramide, finché scopre che è comandata da baccelli nascosti all’interno della stessa, che lui ad un certo punto taglia con una lama, ma comunque poi ritornano intatti. Chi sono i baccelli e che cosa fanno alla fine?
Lasciamo a lui il racconto con frammenti delle due sedute.
“ …. Sono sotto ad una piramide, una piramide simile al cono della precedente t.i.a.a., questa però è imponente, molto possente e sta per schiacciarmi; di fatti mi schiaccia …. È una piramide a base triangolare, da sotto riesco ad alzarla ma ricade pesantemente e mi schiaccia …. Ora si muove lentamente come se volesse distruggermi, … lievi movimenti circolari … continua a torturarmi, mi perfora e mi spacca in due …. Mi perfora nuovamente la schiena uscendo dal petto e così via ripetutamente, poi si stira spaccandomi a pezzi. ….
Camminando su un fianco della piramide continuo a segare finché una parte della punta scivola giù e si pianta per terra con la base rivolta verso l’alto …. Mi sembra di averla messa in difficoltà e avere più possibilità di osservarla con calma … sempre con un certo timore di ritrovare nel mezzo una figura nota; difatti c’è qualcosa nel mezzo, ma non voglio riconoscerla, sembra … un baccello della mia stessa grandezza che stavo per aprire ma la piramide si è chiusa violentemente e si è riformata … adesso sono in mezzo a due, anzi tre immense piramidi, delle quali vedo solo una parte perché sono grandissime, mi circondano e, con i tre vertici, formano un triangolo e sembra mi vogliano tenere dentro di esso …. Il sole riesce a illuminare l’interno, ho la sensazione che ci siano due o tre baccelli, anzi quattro o cinque …. Sembra che siano loro che governano la piramide … cercano di colpirmi con il loro peduncolo per tenermi lontano; devo averli segati via con una spada o una falce, li ho tagliati a metà e da loro viene fuori sangue, rosso che copre tutta la piramide, a fiotti che mi travolgono e mi fanno cadere dalla piramide …
Non è un’immagine che si trovi nell’Inferno dantesco ma è anch’essa molto impressionante.
Adesso mi danno una sensazione diversa, sembra quasi che mi vogliano attrarre affettuosamente fra di loro … mi sembra che siano in cinque in tutti, potrebbero essere la mia famiglia …. È sparito tutto. Basta.
T.I.A.A: N° 6.
“ …. Ho finito di rompere la piramide e dentro ci sono quattro baccelli, sono piccoli …. me li sono messi in tasca …. Li pianto sottoterra …. rinascono velocemente …. ne sto aprendo uno, sembra che salti fuori mio padre, che mi mette un braccio al collo e io lo cingo alla vita … sembra stia consigliandomi qualcosa … apro l’altro, mi compare mia madre con una espressione sul viso di compatimento… mi accarezza e se ne va a testa china verso mio padre … mi indicano gli altri due baccelli … apro il terzo … c’è mio fratello più vecchio, anche lui con una aria triste … mi dà pacche sulle spalle per farmi capire che ha capito cosa mi sta succedendo … apre il quarto baccello dove c’è dentro il secondo fratello anche lui con la faccia un po’ corrugata …. Stiamo camminando tutti e cinque assieme con le mani sulle spalle l’uno dell’altro.
È accaduto un importante meccanismo di riarmonizzazione.
Anche in questa, come in tutte le T.I.A.A., si è realizzata la contemporaneità di contenuti inconsci, stigmatizzati dalla ‘famiglia/piramide che perseguita e stritola’, e la piena coscienza che ‘informa’ che tutta la famiglia invece è solidale e compartecipe della sua sofferenza. Così l’apparato psichico realizza che il vissuto della “piramide che perseguita” non è ciò che realmente è accaduto nella sua prima infanzia, ma solo un fantasma creato da un apparato psichico che a quell’età interpretava in modo scorretto i reali accadimenti nelle interrelazioni familiari.
È un momento, per così dire, magico che naturalmente non rappresenta una conquista definitiva ma solo un primo passo per realizzarla. Occorreranno molte ripetizioni da angolazioni diverse di questi momenti per consolidare veramente i circuiti neuronali finalmente corretti.
La T.I.A.A., sull’onda di questo momento, prosegue preannunciando conquiste future importanti, preannuncia uno squarcio di Paradiso. (Melania Klein afferma che il sano percorso di maturazione emotiva parte dall’ invidia per evolvere verso la gratitudine)
È proprio questo che il paziente racconta nel proseguo della seduta.
Esprime la sua gratitudine verso i familiari solidali per il suo malessere (depressione). S’immagina di confortare e aiutare ognuno di loro nelle problematiche e momenti di difficoltà. Ecco qualche spunto: “prendo mio fratello e cerco di scrollargli di dosso la tristezza … gli indico l’albero e lo invito a salire con me perché lì si sta bene ….” “… comincio ad accarezzare il viso di mia madre come se volessi stirarle o cambiarle l’espressione del viso e farla ritornare giovane, levarle le rughe …. ora accarezzo e stringo a me mio padre come se fosse un bambino, vorrei proteggerlo … gli faccio una carezza sul viso …”
Ma se pensiamo che abbia finito di fare i conti con i familiari ci sbagliamo: ha solo posto il problema!
Quando migliaia di esperienze sono state archiviate con contrassegni negativi, deformando circuiti neuronali in partenza perfetti, è impensabile che una sola esperienza positiva cambi la situazione. Tuttavia è stata posta una pietra angolare nuova e su questa può iniziare una nuova costruzione.
Ora il suo apparato psichico prenderà in considerazione il familiare che più ha influito nella costruzione del suo carattere e della sua personalità: la madre, ma parte da lontano cioè dalla madre di tutti gli esseri viventi: il mare. Infatti:
Nella settima T.I.A.A. c’è un susseguirsi continuo, con modalità diverse, di tentativi di uscire dal mare, il grande ventre della madre; di acquisire autonomia. Prova un grande senso di impotenza che alla fine supera.
Nella ottava T.I.A.A. lotta contro la madre-mare, coalizzata contro di lui con il fratello -scogliera (relazione triangolare). Alla fine riesce a liberarsi.
“… le punte della roccia mi feriscono la schiena, è abbastanza ostile … perdo sangue, le ferite rimangono aperte … una grande ondata mi rigetta in mare … questa è un’azione del mare diretta contro di me … cerca di accarezzarmi per farmi entrare dentro … ma sembra un’azione che avrà un seguito ostile per farmi entrare e dopo rigettarmi addosso alla roccia …. Mi accorgo che abbandonata l’acqua, dopo averla convinta a lasciarmi andare … dovrò risalire la parete rocciosa, ma escono delle grosse mani di pietra, delle braccia che cercano di spingermi giù … sono riuscito a saltare fuori e sono corso via …. Per un attimo nella parete rocciosa si sono formati i lineamenti di mio fratello, mentre il mare ha assunto le sembianze del viso di mia madre … in modo fantastico la roccia si è trasformata in mio fratello e il mare in mia madre.
Come ha potuto quel mare, così materno, distruggermi, farmi del male, cercando di trattenermi nel suo grembo?
Sono stato colpito dall’azione combinata dei due.”
È evidente che è emersa nuovamente la sensazione antica di essere perseguitato in famiglia, ma il fatto più importante è che emerge il nucleo fondamentale e profondo del suo malessere; i rapporti con la figura materna.
Nelle due T.I.A.A. successive si assiste ad una nuova rielaborazione di tale tema che tuttavia sarà ripreso in seguito altre volte.
Come nel precedente articolo informiamo che il cammino globale è di solito a spirale ascendente. In tale spirale le elaborazioni dei temi fondamentali si susseguono e vengono continuamente ripresi da angolazioni e profondità diverse per raggiungere traguardi più alti. Così anche i vissuti di Inferno, Purgatorio e Paradiso si susseguono varie volte raggiungendo poi livelli di integrazione ed armonia più elevati.
Abbiamo visto che la madre, nella settima e ottava T.I.A.A., è simboleggiata da un elemento fluido: l’acqua, il mare, elemento quasi inafferrabile. Nelle prossime due invece si trasforma in qualche cosa di più solido, definito, individuato.
Questo si verifica in quanto, nel suo inconscio, non incolpa più la madre per le sue sofferenze, non la sente più come causa delle stesse: ha imparato, attraverso un preciso allenamento con il T.A., a non giudicare le persone, ma piuttosto a individuare i meccanismi che hanno prodotto il danno. Ha realizzato che la madre non ha colpa di ciò che gli è successo, anche se è stata per lui bambino così essenziale.
Per questo motivo ora l’apparato psichico sempre più si permette di vedere con precisione ciò che ha determinato la sua fragilità di fondo.
Vediamo, mettendo assieme i vari passaggi, la trasformazione della madre da elemento fluido informe ad un elemento più concreto più carnale.
“… Di colpo si è formato un gorgo in mezzo al lago, acqua torbida in modo abbastanza disgustoso, si chiudeva e si riapriva e poi assumeva la forma di due labbra …. È rimasta questa acqua torbida dalla quale escono due valve di un’ostrica gigantesca … tutto abbastanza a tinte fosche …. sto girando all’interno di questo gorgo e vengo - se posso esprimermi in veneto- “pacioeà, come masticato da una bocca senza denti …. Adesso sono caduto nel fondo di questa serie di gorghi, sembra una gola umana … cerco di uscire per la gola che adesso non è più liquida ma più consistente … ora sto risalendo ed è diventata rossa … e mentre salgo la gola continua a chiudersi ritmicamente schiacciandomi contro le pareti, non per schiacciarmi, ma a causa di impulsi a lei naturali e spontanei (vediamo qui un’ulteriore uscita dalla mentalità del giudizio/condanna e dal vissuto persecutorio, a favore dell’atteggiamento di ricerca e conoscenza, per scoprire e capire i meccanismi).
…. Sto risalendo un corpo di donna: ha due seni giganteschi; ho la netta sensazione di essere uscito dalla vagina di questo corpo. Quell’ambiente umido, molliccio e appiccicaticcio probabilmente era la vagina …. Ora sembra che il corpo stia ringiovanendo …. Mi sono appeso ad un capezzolo … il corpo si è ridimensionato velocemente e mentre stavo per abbracciarlo è sparito completamente …. Si è aperto un crepaccio e io sono caduto dentro e si è rinchiuso schiacciandomi e ora riassume la forma di una vagina dalla quale esco come spurgato da un liquido nero…. sono caduto a terra sotto ad una gigantesca figura femminile la quale con un piede cerca di schiacciarmi … una donna gigante mi rincorre è immensa, altissima.
In questa sintesi dei vissuti espressi in quattro facciate dattiloscritte risulta chiaro il suo vissuto inconscio della figura materna!
Nella T.I.A.A 10, di altre 4 pagine, vede questa immensa madre schiacciare lui e sua moglie; egli cerca poi di rianimare la moglie che sembra rimasta uccisa dall’azione della madre. Dice che tanti contrasti anche distruttivi con la sua compagna sono dovuti al fatto che alle volte la vive male, in quanto falsata dall’immagine inconscia della madre. Quando questa falsa immagine si attenua allora afferma riferendosi alla moglie: “giochiamo felici!” ma subito dopo accade un “nuovo contrasto con la compagna in quanto riemerge ancora il vissuto inconscio della madre: “il mare ci prende, si frappone fra me e la mia donna, e cerca di separarci”.
Come detto altre volte, il meccanismo di guarigione avviene in quanto questi fantasmi inconsci vengono vissuti in piena coscienza; piena coscienza in cui esiste la consapevolezza che le donne, compresa la madre e la moglie, non sono come appaiono nell’inconscio fantasmatico. Nella sua vita poi ha conosciuto tante donne che non sono perfide come sembra risultare dalle sue visioni interne. Sente che tali vissuti sono solo fantasmi: cioè cose fantasticate durante le tappe evolutive arcaiche, ma inesistenti nell’attualità e che la moglie contribuisce a eliminarli.
Simboleggia ciò con l’immagine della moglie che: “mi soffia con forza nella bocca, mi si apre la testa e dalla testa escono raffigurazioni di pensieri di pensieri contorti, uccelli neri, serpenti, liberandomi il cervello da tutti questi tabù ancestrali, da antichi retaggi, strane forme incomprensibili. Adesso la mia compagna con due carezze mi ha richiuso la testa, e assieme … ci addormentiamo accoccolati l’uno con l’altro ….”
La conoscenza di altre donne nella sua vita reale porta anche ad immaginare nella T.I.A.A. che molte donne aiutano lui e la sua compagna a sconfiggere il fantasma di madre cattiva, come si evince da un passaggio della seduta N° 11:
“… stiamo facendo l’amore molto delicatamente … mentre stiamo facendo l’amore le altre figure femminili ci hanno accarezzato e poi sono andate via, incontro alla donna gigante; adesso la hanno rovesciata per terra e la stanno pestando facendola diventare terra anche lei, stiamo facendo l’amore dentro una bolla di vetro che… diventa leggerissima, si alza da terra, vola verso il cielo, noi salutiamo le altre figure femminili …”.
Abbiamo percorso un terzo dell’intero lavoro psicologico, ma penso sia sufficientemente esemplificativo per dare un’idea di tutto il viaggio che sarebbe troppo lungo ricostruire per intero.
In seguito il paziente affronterà altri temi importanti come ad esempio quello della forzatura del controllo degli sfinteri nel suo secondo anno di vita (T.I.A.A. N° 14) e, quello più importante, di un parto travagliato dal quale esce con il “collo torto”.
(T.I.A.A. N° 12): “ Ho una strana sensazione autogena, mi si sta storcendo il collo…adesso due mani entrano dentro, mi prendono per la testa la tirano fuori ma le spalle non escono, le mani continuano a tirare e il collo si allunga … poi mi prendono per un braccio facendomi male al collo … la mano, più violenta delle altre volte mi da quattro o cinque scossoni, quasi per punirmi … mi fa ancora male al collo, mi tira, esce prima la coppa, poi la testa si rovescia all’interno …le mani sono veramente odiose e violente …. …. La sensazione autogena del collo storto mi sta passando”
Probabilmente le cose nella realtà non sono andate in questo modo. Quello che racconta nasce da sensazioni dolorose al collo registrate alla nascita nell’amigdala; sensazioni che il cervello ha elaborato inconsciamente interpretandole alla luce dei racconti che da piccolo ha sentito della sua nascita e della spiegazione del perché, nella sua prima infanzia, abbia avuto il collo torto che in seguito poi è ritornato normale.
L’apparato psichico attribuisce “d’ufficio” alla figura materna, che è tutto il suo mondo, ciò che il neonato avverte nel parto e nella prima infanzia: così quando ha sensazioni dolorose o frustranti si accentua l’immagine interiore di “madre strega”.
Ancora più importante è la rielaborazione, (T.I.A.A. N° 16), della non accettazione da parte della madre del fatto che fosse maschio. Ciò, in lui, sortisce l’effetto opposto, vale a dire il desiderio di esser ‘tutto pene’ per cui allucina: “… me ne accorgo ora, non ho organi genitali; ora che l’ho detto compaiono e scompaiono … il pene si allunga … gli è cresciuto a dismisura il pene che ora arriva fino a terra … il bambino cammina trascinandosi dietro il pene che ormai è grande come il bambino … si sono ritirate le gambe …il bambino è eretto su metà del corpo il resto è disteso per terra e ha la forma del pene.
Ancora nella sedicesima T.I.A.A. risulterà ancora più importante il suo rapporto con il seno!
Alla fine del suo viaggio, chiedendo notizie dei suoi primi mesi, apprende che l’allattamento è stato turbato dal fatto che la madre era affetta da mastite e che, mal consigliata, ha eroicamente continuato a dargli il suo latte anche se, a causa di fitte dolorosissime, era costretta a staccare molte volte bruscamente il figlio dal seno. I bambini vivono queste evenienze come molto traumatiche, come rifiuto, divieto di vivere, di godere, minaccia di vita e pertanto possono sviluppare aggressività verso la madre, senso di colpa, disistima di sé; possono anche immaginare poi ritorsioni della stessa madre. (I bambini incolpano se stessi piuttosto di incolpare chi li tiene in vita, in quanto questo li porterebbe a minare la fiducia nella possibilità di sopravvivere).
Ecco alcuni passaggi del suo vissuto inconscio:
T.I.A.A. N° 16: “… si vede un seno abbastanza grande e un bimbo che sta succhiando latte … il bimbo morsica il seno che si rompe come un pallone pieno d’acqua inondandolo di latte; qui il bambino è molto piccolo un mese o due o forse ancora meno, difatti il seno rompendosi e bagnandolo lo ha impaurito molto, tanto che è diventato addirittura cianotico. Sta piangendo e ha le convulsioni … sembra che si sia accorto di aver fatto un danno masticando il seno e rompendolo: difatti cerca di coprire il seno con le mani per non far vedere che è rotto … … Allora cerca di azzannare anche il resto del corpo per far sparire le tracce di quello che ha fatto … … il corpo femminile gli ha dato una sberla e lo ha cacciato per terra. Il bambino si è preso un calcio dal corpo femminile che probabilmente rappresenta mia madre; e adesso viene punto e schiacciato dal tacco a spillo di una scarpa calzata dal piede che lo ha calciato e … diviene una vescicola verde dalla quale esce una materia verdognola … si vede la figura femminile che esce dal campo visivo …e si capisce che è mia madre dal vestito che è uguale a quello che indossava nelle sue precedenti apparizioni durante i rêves.
Dall’Inferno/Purgatorio verso il Paradiso
Abbiamo intravvisto la fine di questo viaggio nell’articolo precedente, ma ora la riprendiamo espandendola un po’ di più.
Siamo alla fine dei quindici incontri del corso di Training Autogeno Analitico Avanzato (terzo stadio) .
(Il paziente, che soffriva di Depressione Maggiore e forti disturbi psicosomatici, ha fatto, come lavoro psicoterapico in Studio circa 105 ore delle quali 30 individuali e le altre di gruppo – T.A.B. e T.A.A.A.. A queste vanno aggiunte 180 ore a domicilio – Sedute di T.A.B., T.I.A.A. e T.A.A.A. con trascrizione e riflessione sulle stesse; questo in circa 20 mesi.
Ai test risulta che l’ansia, prima del percorso, era a quel livello di gravità che l’autore del Test, Cattel, definisce con “bisogno urgente di terapia”; allo stesso livello è il parametro del sentimento di colpa.
La depressione, al test di Zung, risultava molto grave.
Alla fine del terzo stadio l’ansia era a livelli normali e così il sentimento di colpa e la depressione con un punteggio sotto la norma.)
Nota a margine del percorso: solo alla fine si constata che il “viaggio” è stato orchestrato in modo esemplare per portare il protagonista a maggiore armonia.
A chi dobbiamo tale orchestrazione?
Non è stato il terapeuta che non ha potuto che constatare, e aiutare ad analizzare, ciò che succedeva in ogni tappa. Il terapeuta ha comunque guidato, affiancato e sostenuto la persona nel percorso che altrimenti non si sarebbe realizzato. Non è opera neppure dall’Io del paziente in quanto quest’ultimo, ogni volta che scendeva dal lettino, si chiedeva meravigliato: “ma veramente è uscito dalla mia testa ciò che ho visto e detto?”. Comunque la determinazione della persona a fare il percorso è stata decisiva.
Non può neppure essere opera del caso, visto che a posteriori si intravvede una logica precisa nel percorso. È da notare anche che quanto detto è ciò che succede in ognuno delle centinaia di viaggi, di tante persone diverse seguite nello Studio Gastaldo/Ottobre.
La nostra ipotesi è che questa orchestrazione sia opera di una funzione del cervello, presente in ogni essere umano; funzione che ovviamente, come ogni altra funzione, è sottesa da una struttura per cui parliamo di struttura/funzione neuronale.
Forse si tratta di una funzione che, presente fin dalla nascita, ha partecipato a determinare il percorso di maturazione del soggetto. Tale struttura/funzione sa dove si sono determinate le alterazioni rispetto ad un percorso sano, bionomico, ovvero secondo le leggi della vita, e quindi sa dove intervenire. (Per maggiori dettagli rimandiamo al libro precedentemente citato: “una strada per il centro del cervello”.
Ma veniamo ora alla conclusione del viaggio:
Alla fine del terzo stadio il paziente, in una seduta a domicilio, si dà questo stimolo: “Davanti al mio occhio interiore lascio apparire una domanda all’inconscio” e la domanda che pone è: “Qual è il legame tra le mie ‘tristezze infantili’ (intende quelle emerse dai T.I.A.A.), la mia depressione e i disturbi allo stomaco?”
L’inconscio non perde tempo e con grande potenza espressiva focalizza il punto e il tempo di partenza dei suoi guai.
“Ho visto tre teli, color carne, disposti a triangolo, sembra il disegno di un grembo, al centro c’è un punto nero, il punto è la testa di un bambino di dimensioni molto ridotte, i tre teli diventano il pube di una donna enorme nuda, distesa sopra un tavolo.”
Continua focalizzando, subito dopo, l’evento più importante.
“… il bambino scende dalle cosce della donna… si appende al capezzolo cerca di stringerlo finché esce una goccia che lo inonda e quasi lo travolge … quasi lo soffoca”
Prosegue evocando l’immagine inconscia della madre, delle madri, in un mondo che sembra idilliaco: “una stalla con l’atmosfera carica di pace … e di mistero del silenzio … con luci soffuse”
A questo scenario idilliaco tuttavia non corrisponde il contenuto: “… ci sono dei tavoli e sopra delle sfingi, dieci donne, tutte uguali, con la testa di pietra con i seni esposti tra le braccia ai quali sono attaccate delle mungitrici automatiche che finiscono dentro una vasca; mi sporgo sulla vasca, ma il latte è irragiungibile …
Tanto latte, ma non accessibile!
Tuttavia la parte cosciente del suo apparato psichico, che ha presente tutta la sua storia, sa che da neonato deve essere stato adeguatamente nutrito tanto che è cresciuto e diventato un bell’uomo. Pertanto corregge il finale (momento di ristrutturazione dei propri vissuti e dei propri circuiti neuronali):
“Il bambino stacca una delle pompe …si attacca al seno e comincia finalmente a succhiare un caldo latte … entra tra i seni della sfinge e si addormenta.”
Il paziente chiede al terapeuta: “Cosa rappresenta la sfinge?”.
E il terapeuta: “La risposta è dentro la sua psiche”
Per questo il soggetto, nella seduta successiva, fa questa domanda al proprio inconscio. “Cosa rappresenta la sfinge?”. Ecco la risposta.
“Mi risveglio, esco da dietro i seni della sfinge; questa ha la testa di pietra, appena mi vede si trasforma in quella di una belva feroce che mi vuole azzannare … la scena è terrificante … sembra il viso di una donna indiavolata … la accarezzo, cercando di dimostrargli il mio amore; la sfinge diventa mia madre, siamo a letto …mia madre è giovane e felice, mi tiene in braccio e mi coccola” (Meccanismo di guarigione: recupero di esperienze positive). (Sfinge = madre strega + madre fata). “finalmente anche nel mio scenario fantasmatico mia madre mi compare come sempre l’ho considerata nel mio conscio … è un momento commovente per me, lei vuole giocare con il suo bambino, si mette alla mia stregua, ritorna anche lei bambina … alla pari … poi ritorna adulta, si abbassa una spallina e mi allatta, per un attimo ho paura che il seno si rompa ancora. Io ho fame, sono agitato, cerco disperatamente il capezzolo … succhio il latte con avidità, quasi mi strozzo, allora mia madre mi pone un dito sulle labbra e con quel cenno dolcissimo mi fa capire che devo affrontare questo mio primo atto di vita con calma, devo imparare ad affrontare i problemi che incontrerò nella vita senza affanno, ma in modo maturo, … cercando di risolverli con calma e serenità … ora sono molto più calmo e il latte entra dentro di me, riempiendomi di pace ed energia ……
Mia madre mi pone fra i suoi seni … mi distendo su di lei, ritrovo il tepore e la sicurezza del grembo materno e mi addormento …
Mia madre è ora una sfinge con la testa di pietra, mi fa salire sulle spalle … diventa mia madre, mi guarda dolcemente, siamo tutti e due racchiusi in un sacco amniotico trasparente, galleggiamo nello spazio verso un infinito di stelle”.
Commenta poi:
“Durante e dopo il rêve è nato un nuovo sentimento nei confronti di mia madre, direi, di tutte le madri¸ il nostro è stato un atto doloroso e faticoso … … è una sensazione nuova diversa … non è più dipendenza, rapporto di potere, ma la consapevolezza di un legame indissolubile.
Questo legame (indissolubile, non di dipendenza, non di potere, ma consapevole) rappresenta quel modo di rapportarsi agli altri che non conduce ai dissidi, ai conflitti, alle guerre fra individui, religioni, etnie, popoli, culture. Tale legame porta e nasce all’armonia che fa crescere assieme; armonia che scaturisce dall’integrazione fra strutture cerebrali. Quest’ultima quindi – l’armonia -, anche se non data di default, va ricercata e costruita con tutti i mezzi individuali e collettivi in nostro potere.
Conclusione
Lo Studio Gastaldo/Ottobre ha, in archivio, centinaia di questi viaggi attraverso l’Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Come quello presentato, sono anch’essi ugualmente interessanti e affascinanti; ognuno ha un proprio stile e contenuto, una propria logica, un proprio linguaggio, un proprio fascino e sono talmente diversi da essere imparagonabili l’uno con l’altro.
Ognuno è comunque un capolavoro di immaginazione costruita anche con simboli e immagini inconsce.
L’Airda e la Sezione Veneta dell’Icsat, condividono questo prezioso materiale dello Studio Gastaldo/Ottobre.
È da tener presente che tali viaggi di maturazione, così numerosi e intensi, queste ‘umane commedie’ di tanti esseri umani esistono in quanto si è operato seguendo, ma anche prolungando, il solco tracciato da I. H. Schultz con il suo metodo: il Training Autogeno Basale ed Avanzato.
Airda e Icsat, associazioni nate per conservare e approfondire la teoria e la prassi del Training Autogeno, nell’occasione del settecentesimo anniversario della morte di Dante, hanno ritenuto loro dovere e irrinunciabile compito, ricordare, accanto a quello di Dante e di altri, anche il nome di I. H. Schultz.
Questo perché anche Schultz ha dato un consistente contributo all’umanità per il superamento di quello che, nel precedente articolo, abbiamo definito: “il difetto originale”.
Se Schultz non è stato adeguatamente ricordato è perché troppo pochi hanno veramente compreso l’importanza del suo apporto. In molti si sono fermati ad una comoda distorsione e banalizzazione del metodo e gli altri, pochi, pur non tradendo il metodo, non hanno compreso che il solco, da lui tracciato, va continuato; forse manca la convinzione che quando si prosegue il solco nella direzione dello stesso non si tradisce l’ortodossia e, in aggiunta, si conquistano altri territori.
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